Il ruolo del pediatra nei disturbi

della nutrizione e dell’alimentazione

Il pediatra ricopre un ruolo molto importante nel riconoscimento precoce
dei segnali di insorgenza in un paziente affetto da disturbo della nutrizione e alimentazione e nella sua presa in carico presso un equipe o un centro specialistici.

Giuseppe Banderali1, Anna Maria Staiano2, Elvira Verduci1,
Roberta Giacchero1, Maria Cristina Mancuso1, Arianna Banderali3,
Diego Peroni4, Riccardo Dalle Grave3

1 Unità Operativa Pediatrica Ospedale San Paolo, Dipartimento Scienze della Salute,
Università degli Studi di Milano

2 Dipartimento Assistenziale Integrato (D.A.I.) di Pediatria
dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”

3 Unità Funzionale di Riabilitazione Nutrizionale – Casa di Cura Villa Garda, Garda (VR)

4 Unità Operativa di Pediatria, Dipartimento Medicina Clinica e Sperimentale,
Università degli Studi di Pisa




Caso clinico 1. La paziente è un’adolescente di 14 anni che vive in una piccola cittadina con i suoi genitori e un fratello di dodici anni. Suo padre ha cinquant’anni e svolge un lavoro d’ufficio, sua madre è una casalinga di quarant’anni. Al momento dell’invio, la paziente sta frequentando la terza media con buoni risultati e si descrive come una persona dinamica che persegue l’eccellenza in tutto ciò che fa. Riferisce di avere due amiche del cuore che, tuttavia, vede sempre meno negli ultimi mesi.

È sempre stata di peso normale per la sua altezza e riferisce di non essere stata preoccupata per il suo peso o aspetto fisico in prima e seconda media, nonostante sia stata presa spesso in giro per la forma della sua pancia da due compagni di classe, che criticavano anche la forma del corpo di altre ragazze. Oltre a ciò, all’inizio dell’attuale anno di scuola, un suo compagno di classe ha fatto commenti negativi sulla sua pancia in piscina. Riferisce di essersi sentita molto ferita da questo episodio, tanto che, per la prima volta nella sua vita, ha cominciato a sperimentare un’insoddisfazione intensa per la propria forma del corpo. Due settimane dopo questo evento, perde 3 kg in conseguenza di una grave gastroenterite, associata a febbre, vomito, diarrea e perdita di appetito. Al suo ritorno a scuola, per la prima volta nella sua vita, riceve commenti positivi circa il suo aspetto fisico e la sua capacità di perdere peso. Questo elogio la spinge a iniziare una dieta, in modo da poter perdere ancora più peso e avere una pancia piatta. Inizia eliminando i dolci, la pasta e il pane, poi continua limitando la quantità delle porzioni e saltando i pasti quando è a casa da sola. In seguito comincia a nascondere il cibo e a gettarlo nella spazzatura quando nessuno la guarda, a camminare per molte ore al giorno e a stare in piedi, piuttosto che rimanere seduta mentre studia o guarda la televisione.

Dopo due mesi di questo comportamento, perde altri 5 kg, raggiunge un peso corporeo di 43 kg e il suo ciclo mestruale s’interrompe, ma questo non la preoccupa. Al contrario, si sente euforica e ha una sensazione generale di benessere derivante dal senso di controllo sulla propria alimentazione e sul proprio peso. Tuttavia, è ancora insoddisfatta della forma della sua pancia, che percepisce come grassa. In questa fase, continua a chiedere ai genitori rassicurazioni sul proprio aspetto fisico, e controlla spesso il proprio corpo pizzicando la pelle sulla pancia. Inoltre, scrutina ripetutamente quest’ultima – completamente nuda – di fronte a uno specchio a figura intera.

Osservando la sua rapida perdita di peso e le sue marcate oscillazioni dell’umore, i genitori di si preoccupano per la salute della figlia, ma tutti i loro sforzi per convincerla a mitigare la rigidità delle sue regole alimentari falliscono. Diventa progressivamente più introversa e si rifiuta di parlare del proprio comportamento alimentare e delle proprie preoccupazioni per il peso e la forma del corpo con i suoi genitori. Inoltre, sperimenta frequenti sbalzi d’umore, irritabilità e rabbia e si isola socialmente.

Turbati dal comportamento della figlia, i suoi genitori richiedono una consultazione dal pediatra di libera scelta che, dopo aver sentito il loro racconto sui cambianti comportamentali che hanno notato nella loro figlia, chiede loro il consenso di poter vedere la paziente da sola. La ragazza arriva all’incontro con il pediatra non ben disposta, ed è molto arrabbiata perché è stata costretta dai propri genitori a fare la visita. È arrabbiata anche perché non è stata consultata riguardo alla decisione di prendere l’appuntamento. Tuttavia, dopo che il pediatra le comunica che opererà per lei e non per i suoi genitori, descrive in dettaglio l’insorgenza e lo sviluppo del suo problema alimentare. Offre anche un quadro preciso del suo stato attuale e delle conseguenze negative che il suo disturbo dell’alimentazione sta avendo sul suo stato d’animo, sulle relazioni interpersonali, sul suo rendimento scolastico e sulla sua salute.

Dalla raccolta anamnestica e dalla visita medica, che include la misurazione del peso, il pediatra conclude che la paziente soffre di anoressia nervosa perché soddisfa i seguenti tre criteri diagnostici: (i) basso peso, (ii) intensa paura d’ingrassare e (iii) eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo. Poi, chiede alla paziente se è interessata ad avere informazioni sui disturbi dell’alimentazione e i trattamenti disponibili, la paziente accetta questa proposta e dopo questo intervento educativo il pediatra fissa un altro incontro per valutare con la paziente i pro e i contro di affrontare il suo problema alimentare presso un centro specializzato.

Nell’incontro successivo, la paziente, nonostante abbia difficoltà ad accettare l’idea che la propria perdita di peso e le proprie preoccupazioni estreme per il controllo dell’alimentazione, la forma del corpo e il peso appresentino un problema che deve essere affrontato, accetta di eseguire un incontro con il centro clinico di riferimento dei disturbi dell’alimentazione e anche di fare delle valutazioni periodiche con il pediatra per valutare le condizioni cliniche e l’andamento del trattamento che le sarà proposto.

Caso clinico 2. Quando un disturbo della nutrizione nasconde una patologa organica. D. è un primogenito di due figli nato a termine da parto eutocico spontaneo da gravidanza riferita normodecorsa. Buon adattamento alla vita extrauterina, periodo neonatale fisiologico. Allattamento esclusivo fino ai 6 mesi, poi divezzamento con buona compliance. A 12 mesi introdotto latte vaccino senza problemi. Accrescimento staturo-ponderale riferito sempre ai percentili superiori fino ai 9 anni di vita, poi deflessione della curva di crescita ponderale, associato ad atteggiamento alimentare selettivo e restrizione dietetica calorica. Accrescimento staturale riferito sempre adeguato. Iniziato folow-up nutrizionale sin da subito presso il consultorio della propria città, ma per persistenza della restrizione dietetica calorica e di ulteriore calo ponderale viene inviato successivamente presso l’equipe dei Disturbi della Alimentazione e della Nutrizione – Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale San Paolo per follow-up neuropsichiatrico. Intraprende terapia con risperidone dall’età di 12 anni e 5 mesi.

Anamnesi familiare: non patologie a carattere eredo-familiari, né autoimmunitarie, né metaboliche.

Anamnesi patologica remota: rinite allergica con sensibilizzazione a graminacee e ulivo, per il resto riferita sempre buona salute.

Giunge alla nostra attenzione presso il Reparto di Pediatria per comparsa di vomito post-prandiale associato ad addominalgia e nausea.

All’arrivo in Pronto Soccorso si presentava in discrete condizioni generali, sofferente per addominalgia in sede epigastrica. Vigile, reattivo, parametri vitali nella norma. Tessuto adiposo e muscolare scarsamente rappresentati. Addome piano respirante, poco trattabile, dolente e dolorabile anche alla palpazione superficiale. Restante obiettività clinica nei limiti. Agli esami ematici urgenti riscontro di incremento delle lipasi (525 U/L) e delle amilasi (82,4 U/L) seriche.

All’ingresso parametri antropometrici:

Età: 12 anni 6 mesi

Peso: 42,5 kg (10-25° percentile secondo le curve di Cacciari)

Altezza: 166 cm (90-97° percentile secondo le curve di Cacciari )

Indice di Massa Corporea: 15,42 kg/m2.

Durante la degenza eseguiti numerosi accertamenti:

assetto marziale: iposideremia con ipoferritinemia

funzionalità tiroidea: nella norma

ANA: negativi

assetto immunitario: nella norma

alfa1 Anti-tripsina: nella norma

ecografia addominale: nella norma

coprocoltura: negativa

ricerca parassiti fecali su 3 campioni consecutivi: negativa

sangue occulto nelle feci: positivo su 3 campioni consecutivi

calprotectina fecale: positiva (248 mg/kg)

valutazione chirurgica: nella norma

valutazione neuropsichiatrica infantile (NPI): indicazione a sospendere in maniera graduale la terapia con risperidone per possibile eziologia iatrogena, farmaco-indotta della sintomatologia.

Durante la degenza graduale miglioramento dell’addominalgia, con persistenza di dolore solo alla palpazione profonda. Nausea persistente al momento del pasto, associata sempre ad ansia e umore depresso. Scarsa compliance alla proposta dei pasti.

Terapie effettuate: soluzione glucoelettrolitica ev, soluzioni reidratanti orali, omeprazolo.

Dimesso dal reparto su indicazione dei colleghi della NPI dopo 10 giorni di degenza in calo ponderale (39, 8 kg) per favorire la compliance alimentare del paziente e programmato follow-up NPI in regime ambulatoriale stretto.

Per persistenza della sintomatologia addominale, aggravamento della condotta alimentare restrittiva, peggioramento dello stato ansioso associato all’assunzione dei pasti e ulteriore perdita di peso la Gastroenterologa Pediatrica in accordo con l’equipe NPI poneva indicazione di eseguire esame EGDS e colonscopia in sedazione. Non complicanze durante esecuzione di tale esame. L’EGDS evidenziava una substenosi ulcerativa del bulbo-ginocchio duodenale, come da verosimile Morbo di Chron duodenale, numerose ulcere nella seconda porzione duodenale.

Alla colonscopia eseguite biopsie multiple con riscontro in ileo terminale con intensa flogosi sottomucosale, lesioni necrotico-essudative a livello mucosale e del colon con riscontro all’esame istologico di infiammazione a tutto spessore con iperplasia follicolare del tessuto linfoide mucosa associato.

In base al dato clinico-anamnestico, riscontri di laboratorio per la localizzazione e la tipologia delle alterazioni istologiche è stata posta diagnosi di Morbo di Crohn e intrapreso folllow-up gastroenterologico con terapia dietetica associata a formula polimerica per os, transforming growth factor beta 2 (TGF-beta2), addizionato con vitamine e minerali.

Ad oggi D. non ha più avuto episodi di recrudescenza sintomatologica, mentre ha mostrato un lieve incremento della curva di crescita ponderale con crescita staturale sempre adeguata e ripristino di un normale assetto marziale.




Negli ultimi anni si è assistito ad un importante aumento di incidenza dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (D-NA). La diffusione di questo gruppo di patologie non è più, come in passato, circoscritta alla popolazione femminile e soprattutto l’esordio è sempre più precoce. Il pediatra riveste quindi un ruolo cruciale nell’identificazione e nella gestione di tali disturbi, ma spesso si trova in difficoltà davanti ai pazienti perché non ha ricevuto una formazione specifica su quali interventi diagnostici e terapeutici intraprendere. Preme sottolineare che una diagnosi precoce permette di iniziare sin da subito una cura adeguata, e migliora la prognosi, evitando che i disturbi si cronicizzino ed esitino in gravi conseguenze.

In considerazione dell’eziopatogenesi multifattoriale è necessario un approccio diagnostico e terapeutico multidisciplinare. L’importanza del pediatra è quindi anche quella di coordinare la famiglia e il paziente all’interno di questo percorso per garantire una continuità terapeutica.

La classificazione e l’inquadramento diagnostico dei D-NA sono stati di recente rivisti e riportati nella quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, 2013).1 Tra i numerosi cambiamenti è stata evidenziata la possibilità che tali disturbi possano essere interdipendenti e collegati a una vulnerabilità preesistente.

Nell’ambito dei D-NA, vengono riconosciute le seguenti categorie diagnostiche:

anoressia nervosa (AN)

bulimia nervosa (BN)

disturbi da binge-eating (BED)

disturbo da ruminazione (DR)

pica

disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID)

disturbi della nutrizione e dell’alimentazione con specificazione: AN atipica, BN di bassa frequenza e/o durata limitata, BED di bassa frequenza e/o durata limitata, disturbo purgativo, Sindrome da alimentazione notturna

disturbi della nutrizione e dell’alimentazione senza specificazione.

Il DSM-5 ha unito in un’unica classificazione i disturbi della nutrizione e i disturbi dell’alimentazione, i primi colpiscono prevalentemente, ma non esclusivamente, l’infanzia ed includono: Pica, DR e ARFID.

A fronte dell’importanza di tale classificazione, c’è una crescente convinzione che le categorie diagnostiche tradizionali non descrivano adeguatamente la realtà clinica. Numerose evidenze suggeriscono che queste siano manifestazioni fenotipiche diverse di un’unica psicopatologia specifica.2 Prima di discutere questa idea in dettaglio, ci soffermeremo sulle principali categorie diagnostiche dei disturbi dell’alimentazione, approfondendo le caratteristiche di AN, BN e BED poiché tra i D-NA hanno una prevalenza rilevante.

Alcuni autori evidenziano come tra gli affetti da D-NA ci sia una elevata incidenza di comorbilità psichiatriche (es. depressione clinica, disturbo ossessivo-compulsivo). Si tratta spesso di bambine che per insoddisfazione del peso e/o della forma del proprio corpo, magari anche per derisione da parte di coetanei, seguono consigli “fai da te” trovati su internet assolutamente sbilanciati o carenziali. L’insoddisfazione corporea può essere già rilevabile in bambine di 9 anni di età, e può essere presente anche nei maschi, che di solito aspirano ad avere corpi più muscolosi.

Anoressia nervosa

Colpisce lo 0,2-0,8% della popolazione tra 12-30 anni. È il più frequente D-NA dell’età evolutiva. Ha un tipico esordio nell’adolescenza, ma sempre più frequenti sono i casi nella tarda infanzia. È una problematica tipica delle popolazioni occidentali, più soggette alla pressione sociale di avere un corpo magro. È distribuita uniformemente tra le classi sociali.

Secondo il DSM-5 un paziente ne è affetto se soddisfa i seguenti criteri:

1. restrizione nell’assunzione di calorie in relazione alle necessità che porta ad un peso corporeo basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Per i bambini e adolescenti si intende un indice di massa corporea (IMC) inferiore al minimo previsto dalle proprie curve di crescita (più il peso è basso, più è grave il quadro clinico);

2. intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, che persiste anche in presenza di un peso significativamente basso;

3. alterazione del modo in cui viene vissuto il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza di questi ultimi sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di peso.

La presenza di amenorrea non è più necessaria, anche se rimane senza dubbio un indice di gravità, incrementando il rischio di osteoporosi precoce.3 L’AN spesso si associa a cambiamenti dell’umore, isolamento sociale, ansia, ossessività, autolesionismo, conseguenti allo stato di sottopeso e malnutrizione.

Nei casi tipici esordisce con l’adozione di regole dietetiche estreme e rigide, motivate da preoccupazioni riguardanti il peso, la forma del corpo ed il controllo dell’alimentazione. Talora è invece il risultato di competitività, desiderio di autopunizione o il tentativo di cambiare i comportamenti di altri. Oltre alla dieta ferrea alcuni incrementano l’attività fisica in modo eccessivo e compulsivo, si inducono il vomito o usano in modo improprio lassativi e diuretici. Spesso vi è una migrazione verso la bulimia nervosa.

Le complicanze fisiche sono comuni in questi pazienti in seguito alla restrizione calorica, al sottopeso e ai comportamenti eliminativi (Tabella 1).




In alcuni casi il decorso è di breve durata, ma in un ampio sottogruppo tende a persistere e richiede trattamenti complessi. La percentuale di guarigione è del 20-30% e aumenta fino al 70-80% con un follow-up > 8 anni. Il 10-20% non migliora con nessun trattamento e persisteva per tutta la vita, danneggiando la resa scolastica e lavorativa. Il tasso grezzo di mortalità dell’anoressia varia tra lo 0% e l’8%.4 La prognosi dipende dall’età di insorgenza e dalla precocità di diagnosi; i fattori prognostici negativi sono rappresentati dalla presenza di comorbilità somatica e psichiatrica.

Bulimia nervosa

La BN, a differenza dell’AN, sembra essere più comune adesso che in passato. Colpisce circa l’1% delle adolescenti e ha raggiunto una incidenza di circa 13 nuovi casi/anno/100.000 abitanti.4 L’esordio anche qui è nell’adolescenza. Colpisce prevalentemente i caucasici, nei quali è uniformemente distribuita tra le classi sociali, mentre è rara nei paesi in via di sviluppo.

Secondo il DSM-5 un individuo è affetto da BN se soddisfa i seguenti criteri:

1. ricorrenti episodi di abbuffata, caratterizzati da: (a) mangiare in un determinato periodo di tempo (ad es. 2 ore) una quantità di cibo superiore a quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso arco di tempo; (b) sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere o a controllare cosa e quanto si sta mangiando);

2. ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso (ad es. vomito auto-indotto, l’so improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva);

3. le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe, in media, almeno una volta alla settimana per tre mesi;

4. i livelli di autostima sono eccessivamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo;

5. l’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.

Confrontando questi criteri con quelli dell’AN, il meccanismo sottostante sembra essere lo stesso. Entrambe le condizioni hanno, infatti, come psicopatologia specifica e comune una valutazione di sé basata in modo predominante o esclusivo sul peso e sulla forma del corpo con ricorso a mezzi non salutari per controllarli.




Anche la BN inizia con l’adozione di regole dietetiche estreme e rigide. Tuttavia nella BN la dieta è periodicamente interrotta da episodi di abbuffata e raramente produce un deficit calorico persistente. Questo spiega perché questi pazienti in genere abbiano un peso normale o un lieve sovrappeso. Più spesso le persone affette da BN tendono a cercare spontaneamente aiuto, ma di solito dopo anni dall’esordio per la convinzione di potersi gestire autonomamente e per la vergogna di rivelare agli altri il loro comportamento.

Le complicanze della BN tendono generalmente ad essere minori rispetto all’AN, tuttavia è comune osservare disturbi elettrolitici, esofagite, Sindrome di Mallory-Weiss, tumefazione delle ghiandole parotidi e delle sottomandibolari, danni dentali e segno di Russell (ispessimento o cicatrice sul dorso della mano causati dalla pressione contro i denti mentre si induce il vomito).

Il tasso di remissione nella BN è basso a breve termine, 28% dopo 1 anno di follow-up; migliora con il proseguo del follow-up, ma persiste nel 23% dei casi. Vi è riduzione della performance scolastica e/o lavorativa, il tasso grezzo di mortalità varia tra lo 0-2%.

Disturbo da binge-eating

Il BED è caratterizzato da episodi di abbuffata ricorrenti, come accade nella BN, ma non sono presenti in modo regolare comportamenti di controllo estremo del peso (es. vomito autoindotto, uso improprio di lassativi/diuretici o dieta ferrea). La prevalenza del BED è di circa il 3% e un quarto degli affetti sono maschi.4 In genere ha un esordio più tardivo rispetto all’AN e alla BN.

Riconosciuto per la prima volta dal DSM-5, è caratterizzato dai seguenti criteri:

1. ricorrenti episodi di abbuffata, caratterizzati da: (a) mangiare in un determinato periodo di tempo (ad es. 2 ore) una quantità di cibo superiore di quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso arco di tempo; (b) sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando);

2. gli episodi di abbuffata sono associati a tre (o più) dei seguenti aspetti: mangiare più rapidamente del normale, mangiare fino a sentirsi sgradevolmente pieni, mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente affamati, mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando, sentirsi disgustati verso sé stessi, depressi o molto in colpa per l’episodio;

3. è presente un marcato disagio nei riguardi delle abbuffate;

4. l’abbuffata si verifica, mediamente, almeno una volta a settimana per tre mesi;

5. l’abbuffata non è associata a regolari condotte compensatorie inappropriate come nella BN, e non si verifica esclusivamente in corso di BN o AN.

Gli episodi si verificano nel contesto di una tendenza a mangiare in eccesso, piuttosto che di restrizione dietetica e questo spiega la forte associazione con l’obesità.5 Quando gli episodi di abbuffata sono quotidiani, si alterano la qualità della vita, le prestazione scolastiche/lavorative ed i rapporti interpersonali.

C’è tendenza a gestire da soli la propria condizione. Di conseguenza molti pazienti richiedono un trattamento per il loro peso in eccesso e non per il disturbo dell’alimentazione.

Il loro stile di vita è caratterizzato da sedentarietà e alimentazione scadente. Questo spiega le frequenti complicanze tipiche dell’obesità (diabete mellito di tipo 2, sindrome metabolica, ecc.) e correlate all’errato stile di vita (sindrome dell’intestino irritabile, artralgie, mialgie).

Pochi dati a disposizione sul decorso, tendenzialmente associato ad elevati tassi di remissione spontanea (a 4 anni 82%). La migrazione verso l’AN o la BN è rara.

Disturbo da ruminazione

Il DR (mericismo) è definito dal DSM-5 dai seguenti criteri:

1. ripetuto rigurgito di cibo per almeno 1 mese. Il cibo rigurgitato può essere rimasticato, ringoiato o sputato;

2. il rigurgito ripetuto non è attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o a un’altra patologia (ad es. reflusso gastroesofageo);

3. il disturbo dell’alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso di AN, BN, BED o ARFID;

4. se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale (es. disabilità intellettiva – disturbo dello sviluppo intellettivo – o altro disturbo del neurosviluppo) sono sufficientemente gravi da giustificare ulteriore attenzione clinica.

Di solito si presenta nella prima infanzia, con rallentamento della crescita, alterazione delle difese immunitarie, alterazioni ormonali, malnutrizione, anemia e nei casi gravi decesso. È raro e in genere è un disturbo che colpisce il sesso femminile.

Tra le cause di insorgenza si ipotizzano quelle psicologiche e sociali, quali mancanza di accudimento, scarse attenzioni, poco affetto, stimoli inadeguati, maltrattamento. Essendo un disturbo funzionale non si può parlare di DR se vi sono problemi fisici, organici come il reflusso gastro-esofageo.

Pica

I criteri diagnostici DSM-5 del Pica sono:

1. persistente ingestione di sostanze non alimentari e non commestibili per un periodo di almeno 1 mese;

2. l’ingestione di tali sostanze è inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo dell’individuo;

3. il comportamento di ingestione non fa parte di una pratica culturalmente sancita o socialmente normata;

4. se tale comportamento si manifesta nel contesto di un disturbo mentale (es. disabilità intellettiva – disturbo dello sviluppo intellettivo,dello spettro dell’autismo, schizofrenia) o è sufficientemente grave da giustificare attenzione clinica mirata.

Le sostanze ingerite variano in base all’età e alla disponibilità; possono includere carta, sapone o capelli. Il termine “non nutritive” è stato inserito perché la diagnosi di Pica non va applicata quando sono ingeriti prodotti alimentari con contenuto nutrizionale pur minimo. Tipicamente non c’è avversione nei confronti del cibo in generale.

Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID)

L’ARFID sostituisce ed estende la diagnosi del DSM-IV di disturbo della nutrizione dell’infanzia.6

I criteri diagnostici DSM-5 dell’ARFID sono:

1. un D-NA (es. apparente mancanza d’interesse per il mangiare o per il cibo; evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo; preoccupazioni relativa alle conseguenze negative del mangiare) che si manifesta attraverso la persistente incapacità di soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche appropriate, associato a uno (o più) dei seguenti aspetti:

a. significativa perdita di peso (o mancato raggiungimento dell’aumento ponderale atteso oppure una crescita discontinua nei bambini),

b. significativo deficit nutrizionale,

c. dipendenza dalla nutrizione parenterale o dai supplementi nutrizionali orali,

d. marcata interferenza con il funzionamento psicosociale.

2. Il disturbo non è meglio spiegato da una mancata disponibilità di cibo o da una pratica associata culturalmente sancita.

3. Il DA non si manifesta esclusivamente durante il decorso dell’AN o della BN e non vi è alcuna evidenza di un disturbo nel modo in cui vengono vissuti il peso o la forma del proprio corpo.

4. Il DA non è attribuibile a una condizione medica concomitante e non può essere spiegato da un altro disturbo mentale. Quando il DA si verifica nel contesto di un’altra condizione o disturbo la gravità del DA eccede quella abitualmente associata alla condizione o il disturbo e giustifica ulteriore attenzione clinica.




Il ruolo del pediatra

Come accennato è sempre più frequentemente l’esordio di D-NA in età pediatrica. Nel 2014 il Ministero della Salute ha concluso una ricerca multicentrica sui DA adolescenziali e preadolescenziali incentrata sui fattori predittivi e le caratteristiche psicopatologiche di 1380 pazienti tra 8 e 17 anni, onde delineare le caratteristiche psicopatologiche di questi soggetti e aggiornare la mappa dei servizi, individuando una rete nazionale di intervento per la loro presa in carico. Tra 8 e 10 anni di età (in quella che potremmo definire ‘l’età del sospetto’), si manifestano per lo più i primi segni del problema. La ricerca del Ministero conclude che per la prevenzione dei D-NA è fondamentale il ruolo del pediatra, perché se intercettate subito la prognosi di queste forme migliora. Il pediatra con quattro semplici domande (‘ritieni che dovresti metterti a dieta’, ‘quante diete hai fatto nell’ultimo anno’, ‘ti senti insoddisfatto del peso del tuo corpo’, ‘il peso influenza l’idea che hai di te stesso’) potrebbe individuare i casi sospetti e monitorarli nel tempo.

Anche per i genitori ci sono dei campanelli d’allarme: se vedono, ad esempio cambiare il comportamento dei figli, notano ansia oppure tendenza a chiudersi in sé stessi, o nascondere le cose che fanno. L’isolamento è un altro indizio: i ragazzi tendono a frequentare massimo una persona, così come sono suggestivi episodi di autolesionismo.

Alcuni segnali vengono dal modo in cui si mangia: ad es. sminuzzare il cibo in pezzi piccolissimi, lentezza del pasto, esclusione di alcuni alimenti; attività fisica eccessiva, l’assunzione di molta acqua/tisane, uso frequente del bagno, specie dopo i pasti.

È da sottolineare che nelle fasi iniziali del disturbo il paziente può giungere dal pediatra riportando sintomi aspecifici, come gonfiore o dolori addominali, stipsi, intolleranza al freddo, perdita di capelli, alterazioni della pelle e delle unghie. La presenza di amenorrea associata a perdita di peso va sempre investigata nella popolazione a rischio. A volte allergie o intolleranze alimentari presunte possono precedere l’insorgenza di un D-NA e causare confusione diagnostica. Infine, l’arresto della crescita deve sempre far sospettare la presenza di un D-NA.

Non esiste una sola causa che spieghi l’origine sempre più precoce dei disturbi del comportamento alimentare. Va però prestata attenzione ad alcuni fattori che possono precederne l’insorgenza, tra questi, l’insoddisfazione per il proprio corpo, l’ambiente familiare (depressione materna, conflitto generazionale), il sovrappeso, il menarca precoce, la bassa autostima e il perfezionismo. Si pensa esista anche una suscettibilità genetica. Nel 63% dei casi, dicono le statistiche, i disturbi si associano a patologie psichiatriche, come depressione e attacchi di panico. Il perfezionismo è presente nel 75% dei casi di AN; gli eventi traumatici (in particolare abusi o molestie sessuali) si collegano all’esordio precoce dei sintomi nel 38% dei casi (Tabella 2).

Spesso sono necessari non solo la valutazione antropometrica e l’esame obiettivo, ma anche esami strumentali (ECG, ecocardiogramma, ecografia addominale, RMN encefalo; mineralometria ossea computerizzata) ed indici bioumorali (nutrizionali, funzionalità epato-renale, funzionalità pancreatica, metabolismo osseo, screening celiachia, indici infiammatori, funzionalità tiroidea, gonadotropine, assetto immunitario) anche per inquadrare l’entità del problema e decidere le modalità più opportune per gestire la patologia.

Se il pediatra accerta che il bambino/adolescente soffre di un disturbo di gravità clinica è consigliabile che indirizzi il paziente presso un centro clinico specializzato nel trattamento dei DA.




Per quanto attiene il trattamento il National Institute for Health and Care Excellence (NICE)7 ha pubblicato il 23 maggio 2017 un aggiornamento completo delle linee guida del gennaio 2014 sulle raccomandazioni per identificare, valutare, monitorare e trattare i bambini (0-12 anni), i giovani adulti (13-17 anni) e gli adulti con DA, sottolineando l’importanza di migliorare l’accesso ai servizi clinici, la comunicazione e il supporto forniti ai pazienti e ai loro familiari. Viene data molta importanza al fatto che i professionisti che curano i D-NA dovrebbero ricevere una supervisione adeguata, usare misure di valutazione degli esiti, monitorare la loro competenza e l’aderenza al protocollo di cura.

I soggetti con D-NA dovrebbero essere valutati e ricevere un trattamento il più presto possibile. È raccomandato di valutare insieme alla salute psichiatrica anche quella fisica, per identificare gli effetti della malnutrizione o dei comportamenti di compenso. I pazienti dovrebbero ricevere un supporto che include la psicoeducazione del loro disturbo, il monitoraggio del peso, della salute fisica e di qualsiasi fattore di rischio, coinvolgendo sempre la famiglia. L’obiettivo è quello di raggiungere un IMC adeguato per l’età e supportare i cambiamenti psicologici per migliorare la qualità della vita e portare alla guarigione.

I familiari dovrebbero essere inclusi nell’educazione dietetica o nella pianificazione dei pasti per affrontare le necessità di crescita e sviluppo, in particolare durante la pubertà. Infine, non dovrebbero essere offerti farmaci come unico trattamento.

Quando la salute dei pazienti con D-NA è gravemente compromessa va considerato il trattamento in Day Hospital o in Ricovero Ospedaliero. Non va utilizzata come soglia unica per decidere se ammetterli a livelli intensivi di cura l’IMC, ma vanno considerati anche gli esami bioumorali, l’ECG (es. < 40 bpm, QT allungato), o la presenza di comorbilità fisiche o psichiatriche. Allo stesso modo non va valutato solo l’IMC per la dimissione. I bambini e gli adolescenti devono essere curati in strutture adeguate alla loro età, in grado di fornire attività didattiche e la frequentazione della scuola. Infine, il personale sanitario deve saper riconoscere i sintomi della sindrome da refeeding e gestirli. È importante che tutti gli specialisti coinvolti abbiano un chiaro orientamento terapeutico. L’equipe dovrebbe prevedere la presenza di almeno un medico (pediatra/internista), uno psicologo, uno psicoterapeuta e un dietista/nutrizionista. Andrebbero evitate diete che prevedano il conteggio calorico, che può avere un effetto iatrogeno su questi pazienti. Infine, il centro dovrebbe adottare trattamenti psicologici di comprovata efficacia e suggeriti dalle linee guida NICE.8-10 In conclusione, possiamo sottolineare l’importanza assoluta del pediatra per il riconoscimento precoce dei segnali di insorgenza in un paziente affetto da D-NA e della presa in carico di quest’ultimo da parte di una equipe multidisciplinare integrata per poter disegnare un percorso terapeutico e diagnostico adeguato e quanto più possibile personalizzato, che si sta sempre maggiormente perfezionando attraverso lo sforzo di numerose società scientifiche che stanno sottolineando ogni giorno di più la rilevanza del problema

Gli autori dichiarano di non avere

alcun conflitto di interesse.

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