Fibrosi cistica: come era, come è, come sarà

Una malattia non ancora guaribile, ma senz’altro meglio controllabile
e per molti aspetti ben diversa da come era conosciuta un tempo.

Elisabetta Bignamini1,

Carlo Castellani2

1 SC Pneumologia –
Centro Fibrosi Cistica,
AOU Città della Salute
e della Scienza di Torino, Presidio Regina Margherita

2 Centro Fibrosi Cistica – Azienda Ospedaliera
Universitaria Integrata, Verona




Introduzione

La storia “moderna” della fibrosi cistica (FC) vede il suo avvio dagli scritti di Dorothy Andersen del 1938 (Andersen DH. Cystic fibrosis of the pancreas and its relation to celiac disease clinical and pathologic study. Am J Dis Child 1938;56:344-991) anche se, precedentemente, in letteratura si trova la descrizione di casi clinici fortemente suggestivi di questa patologia. L’immagine del bambino con l’addome espanso, iponutrito, con tosse cronica e secrezioni dense tali da non riuscire ad espettorare è rimasta, da allora, fortemente evocativa della fibrosi cistica. Nel 2008, Clement R. Ren pubblicava un interessante articolo che dava atto di quella che era una realtà ormai conosciuta, almeno dalla comunità scientifica che si occupava e occupa della materia: Ren CR. Cystic fibrosis (Evolution from a fatal disease of infancy with a clear phenotype to a chronic disease of adulthood with diverse manifestations. Clinic Rev Allerg Immunol 2008;35:97–9). Che cosa è successo nell’arco di questi 70 anni?

La malattia è stata da subito riconosciuta d’origine genetica, autosomica recessiva. Una tappa di grande significato è stata quindi la scoperta del “gene” della fibrosi cistica (1989) che ha aperto nuovi scenari, stimolando medici e ricercatori a cercare di collegare le mutazioni del Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator (CFTR) con le eterogenee manifestazioni della malattia. Ora, se questo è possibile per alcune caratteristiche cliniche, per esempio l’ insufficienza pancreatica per le mutazioni delle classi 1–3 (Tabella 4), è molto difficile per altre, tra cui la più importante, ossia la patologia respiratoria. Altri aspetti rilevanti sono stati, negli anni: il miglioramento dei protocolli terapeutici, la disponibilità di nuovi farmaci (antibiotici) e loro vie di somministrazione, e il concentrare le cure in centri specializzati con team multidisciplinari e multiprofessionali, che hanno profondamente modificato il decorso della malattia, con aumento molto significativo dell’aspettativa di vita (circa 40 anni) e che oggi, grazie alle recenti possibilità di cura a disposizione di alcune categorie di pazienti (ivacaftor, ivacaftor+lumacaftor), è possibile migliorino ancora.

Il volto clinico (fenotipo) della malattia

La FC è caratterizzata da una grande variabilità di espressione clinica ed evolve con gradi di gravità altrettanto variabili. La correlazione genotipo/fenotipo è oggetto di acceso dibattito, legato soprattutto al gran numero di mutazioni ad oggi conosciute, circa 2000, con peculiarità che sono riportate nel paragrafo 3.1 Il decorso della FC è cambiato anche nella sua manifestazione classica, ossia la forma con insufficienza pancreatica e progressivo deterioramento respiratorio. L’introduzione dello screening neonatale, ormai a copertura quasi totale per le Regioni italiane, ha fatto sì che la diagnosi avvenga spesso prima della comparsa della sintomatologia e che i piccoli pazienti vengano immediatamente presi in carico da un Centro specialistico di riferimento. È utile però ricordare che dall’introduzione dello screening neonatale è stato rilevato un calo di attenzione alla diagnosi in bambini che pure mostrano segni suggestivi della malattia. In realtà, l’ipotesi diagnostica “fibrosi cistica” non andrebbe trascurata, in quanto i casi falsamente negativi allo screening neonatale variano dal 2 al 4%2), inclusi pazienti con forme cliniche lievi o atipiche. Inoltre, l’immigrazione da Paesi in cui lo screening neonatale non viene eseguito deve mantenere viva l’attenzione su questa diagnosi differenziale. Le linee guida internazionali concordano nell’affermare che la diagnosi di FC vada fatta in base a sintomatologia suggestiva o famigliarità ed alla conferma biochimica (test del sudore) o genetica (due mutazioni del gene CFTR). Tuttavia, talora sia il test del sudore che l’analisi genetica non conducono alla diagnosi certa; il primo per la possibilità di falsi negativi, la seconda per l’eterogeneità della mutazioni, non sempre necessariamente associate a malattia. Il test del sudore rimane comunque il “gold standard” per valutare la funzione della proteina CFTR e, quindi, per la conferma diagnostica. La malattia infatti si esprime principalmente a livello delle ghiandole esocrine, incluse quelle sudoripare, e comporta secrezioni con contenuto di sodio e cloro nettamente superiori all’abituale. Il test del sudore consiste nel dosaggio dei livelli di cloro nel secreto delle ghiandole sudoripare, raccolto abitualmente a livello dell’avambraccio. Valori al di sopra di una determinata soglia (60 mMol/L) sono compatibili con la diagnosi di fibrosi cistica e, se associati a screening neonatale positivo o a un quadro clinico compatibile, consentono di iniziare il complesso iter terapeutico e di monitoraggio che oggi costituisce lo standard di cura per questa patologia. Viceversa, qualora il livello di cloro nel sudore risulti <30mMol/L nei primi 6 mesi di vita o <40mMol/L nelle età successive, la diagnosi di FC può ragionevolmente essere esclusa.




I principali sintomi attesi (ma non sempre presenti) nella prima infanzia sono riportati nella Tabella 1. Tra questi, solo l’ileo da meconio, peraltro spesso erroneamente sovra-diagnosticato, è esclusivo della patologia, mentre gli altri possono avere eziologie alternative.

Anche nelle età successive le manifestazioni cliniche possono variare (Tabella 2) e possono essere influenzate anche da fattori ambientali, dal tipo e modalità della terapia, dall’accessibilità a centri specializzati, dallo stato nutrizionale, nonché, in misura più contenuta, dalla scolarità materna e dal fumo in gravidanza.3

Presentazioni cliniche in relazione all’età

Nella Tabella 3 sono riportate alcune manifestazioni cliniche correlate all’età di comparsa. Questi segni e sintomi possono anche rappresentare l’esordio della malattia in pazienti non diagnosticati in precedenza e, come sottolineato, hanno un’espressione clinica variabile, legata sia alle mutazioni genetiche che a fattori ambientali.

Con l’aumento della sopravvivenza e la comparsa di una generazione di pazienti di 30-40 anni, i clinici hanno dovuto affrontare nuove complicanze e la comparsa di comorbilità come le vasculopatie diabetiche, le malattie cardiovascolari e l’insufficienza renale, spesso a componente iatrogena per l’uso di terapie nefrotossiche ad alti dosaggi.4 Per stare bene e godere di una buona qualità della vita, i pazienti con FC devono del resto assumere un cocktail di farmaci che comporta importanti effetti collaterali a lungo termine, oltre alla scarsa aderenza terapeutica. Le complicanze legate a questi farmaci sono molteplici e talvolta tali che i pazienti si vedono precludere importanti possibilità terapeutiche quali il trapianto polmonare, per poliallergia a farmaci, insufficienza renale o insufficienza epatica. La commercializzazione di farmaci che agiscono su specifici difetti di sintesi o di funzione della proteina CFTR, sostenuti da specifiche mutazioni genetiche, è iniziata da alcuni anni con l’introduzione dell’ivacaftor, inizialmente per la mutazione G551D e, in seguito, allargata ad altre mutazioni di gating (vedi oltre). I risultati ottenuti in termini di miglioramento clinico sono stati particolarmente interessanti.5 L’obiettivo dei ricercatori è ora quello di trovare una terapia molecolare per le altre mutazioni, in particolare per la più diffusa: F508 del. Negli USA è stato approvato dall’FDA nel luglio 2015 un farmaco combinato (ivacaftor-lumacaftor) che comporta miglioramenti funzionali, per la verità modesti, nei pazienti con questa mutazione in omozigosi. Sono in corso sperimentazioni cliniche di fase III con altri farmaci associati a ivacaftor. Questi farmaci probabilmente cambieranno il fenotipo e la storia clinica dei pazienti con FC, anche se nulla ancora sappiamo su possibili loro effetti collaterali a medio/lungo termine. I limiti delle nostre conoscenze sui risultati, positivi o negativi, a lungo termine, la differente efficacia di queste terapie legata sia al tipo di farmaco che alla presenza di “non responders” ed il costo estremamente elevato (circa €250.000/anno per paziente) impongono una loro attenta valutazione, in termini etici e di costo/beneficio. Dovremo comunque probabilmente essere pronti a sostituire l’immagine del bambino sofferente, malnutrito e con la tosse cronica, con quella di bambini ed adulti con una patologia nuova, che richiederà sempre una terapia, ma che potrebbe permettere una vita se non uguale simile a quella normale, come qualità e durata.




La complessità genetica della malattia:
le molte facce delle mutazioni cftr

È importante rendersi conto che non tutte le mutazioni del gene CFTR causano FC: alcune consentono la produzione di una proteina perfettamente funzionante e non hanno conseguenze cliniche, altre portano alla sintesi di una proteina parzialmente funzionante che, in seguito a variabili esterne al gene CFTR, potrà o meno portare ad un quadro di FC. Capire quali mutazioni danno origine a FC e quali no è importante per varie ragioni: una delle principali è il loro uso per la diagnosi di malattia. Esistono alcuni criteri, universalmente accettati, che consentono, nella maggioranza dei casi, di poter capire se una persona è malata di FC. Questi criteri associano a sintomi suggestivi per la patologia (vedi tabelle precedenti) o ad uno screening neonatale positivo, un test del sudore patologico o la presenza di due mutazioni riconosciute essere causanti FC. L’identificazione delle due mutazioni non è indispensabile per la diagnosi: un test del sudore positivo insieme ai sintomi o allo screening neonatale è sufficiente. Tuttavia esistono situazioni, come un risultato dubbio del test del sudore o la diagnosi prenatale, in cui la diagnosi dipende dall’indagine genetica, e quindi dall’individuazione di due mutazioni FC. Saper distinguere le mutazioni del gene CFTR che causano malattia è quindi di enorme importanza, ma è anche meno semplice di quanto si possa pensare. Per evitare di etichettare erroneamente come causale una mutazione osservata in alcuni pazienti, e quindi formulare diagnosi sbagliate in altri, serve sia essere certi che i geni CFTR di quei pazienti non contengano altre mutazioni non identificate che potrebbero essere le vere responsabili della malattia, sia compiere complesse analisi di laboratorio che dimostrino che effettivamente la mutazione che stiamo considerando ha un importante impatto negativo sulla produzione delle proteina. La complessità di queste analisi e la relativa rarità di alcune mutazioni hanno fatto sì che, fino a pochi anni fa, solo per una ventina di mutazioni vi fosse consenso sul loro ruolo nel provocare la malattia. Nonostante si trattasse di mutazioni comuni, moltissime altre erano invece escluse e non potevano essere usate per fare diagnosi di FC. Allo scopo di superare questi limiti, nei primi anni 2000 la Cystic Fibrosis Foundation e la Johns Hopkins University hanno dato vita ad un progetto internazionale chiamato CFTR2 (Clinical and Functional Translation of CFTR) che ha raccolto dati genetici, clinici e di test del sudore di 40.000 pazienti con FC in Europa e Nordamerica.6 Il grande numero di pazienti coinvolti ha consentito di ottenere informazioni su mutazioni altrimenti rare a livello locale, e di identificarne alcune centinaia con dati clinici sufficienti a valutare se fossero effettivamente responsabili di FC. Queste mutazioni sono state inoltre sottoposte a complesse valutazioni sperimentali per comprendere se precludessero la produzione di proteina CFTR funzionante. Infine, le mutazioni sono state ricercate in più di 2000 genitori di bambini con FC, e quindi portatori.7 Se presenti non solo nel figlio malato ma anche nei genitori, poteva essere escluso che causassero FC: in caso contrario il genitore sarebbe stato anch’esso malato. Grazie a questa complessa procedura, molte mutazioni sono state attribuite ad una di queste tre categorie:

mutazioni che causano FC: la presenza di due di queste mutazioni in una persona fa sì che essa sia malata;

mutazioni dalle conseguenze cliniche variabili: la presenza di una di queste mutazioni insieme ad una delle precedenti può in alcuni casi portare a FC, in altri a manifestazioni cliniche minori che non giustificano la diagnosi di FC;

mutazioni che non causano FC: la presenza di una di queste mutazioni insieme ad una delle due categorie precedenti può in alcuni casi non avere alcuna conseguenza, in altri portare a manifestazioni cliniche minori che non giustificano però la diagnosi di FC.

I risultati ottenuti sono visibili su un sito web pubblicamente consultabile (www.cftr2.org), che comprende anche i dati clinici associati alle mutazioni riportate. Per ogni mutazione sono quindi disponibili i dati cumulativi dei pazienti portatori, comprensivi di valore del test del sudore, sufficienza od insufficienza pancreatica, presenza di Pseudomonas aeruginosa nell’ultimo escreato e dati spirometrici in funzione dell’età. Le mutazioni che causano FC e quelle dalle conseguenze cliniche variabili possono anche essere classificate in base al meccanismo di compromissione della funzione della proteina. Questi meccanismi sono sostanzialmente 6, motivo per cui le mutazioni possono essere ricondotte, talora con qualche difficoltà, a 6 classi (Tabella 4).

Classe 1: comporta la creazione di un Premature Termination Codon (PTC) e quindi la produzione di una proteina tronca, instabile e velocemente degradata;

Classe 2: le proteine non vengono assemblate nella corretta forma glicosilata e raggiungono solo in minima parte la membrana cellulare;

Classe 3: le proteine raggiungono la membrana, ma determinano un ridotto tempo di apertura del canale (sono le cosiddette mutazioni “gating”);

Classe 4: difetto di conduzione del canale;

Classe 5: proteina normalmente funzionante ma in scarsa quantità;

Classe 6: instabilità della proteina sintetizzata.




I pazienti con almeno una mutazione di classe 4 o 5 tendono a mantenere una condizione di sufficienza pancreatica (non usano o usano quindi pochi enzimi pancreatici) e a manifestare una compromissione polmonare meno marcata.

Queste distinzioni sono importanti per comprendere alcune ricadute dello screening neonatale per FC. Questo identifica i cosiddetti “screening positivi”. Costoro costituiscono un gruppo ad alto rischio di essere malati di FC (veri positivi), ma possono anche non esserlo (falsi positivi). Per discriminare tra i due gruppi è necessario eseguire procedure successive, entrando in una fase più propriamente diagnostica, che si realizza tramite il test del sudore. Oltre a questi due possibili risultati dello screening neonatale e dell’approfondimento diagnostico che gli può far seguito, ne esiste un terzo, più ambiguo e di difficile interpretazione. Si tratta di bambini positivi allo screening neonatale che hanno un test del sudore con valori intermedi, e cioè tra 30 e 59 mMol/L di cloro, e/o nei quali siano state identificate due mutazioni CFTR, delle quali almeno una non chiaramente identificata come causante FC. Questa situazione è stata chiamata “CFTR-related metabolic syndrome” (CRMS).8




La FC è per definizione una patologia evolutiva e tende ad aggravarsi nel tempo, con una variabilità individuale notevole, in parte attribuibile al genotipo CFTR, ma anche alla qualità delle cure. È lecito chiedersi se anche le forme CF-SPID potrebbero avere una tendenza analoga e progredire fino a diventare vere e proprie forme di FC. Purtroppo l’esperienza è ancora limitata ed i periodi di osservazione di bambini con queste caratteristiche sono relativamente brevi. In alcuni casi si sono effettivamente manifestati e consolidati sintomi tali da giustificare la diagnosi di FC, corroborata da un test del sudore che negli anni si è positivizzato.9 In altri nel periodo di osservazione non si sono notati segni di morbilità diversi da quelli dei coetanei. In altri ancora, forse la maggioranza, si sono notate manifestazioni cliniche minori, spesso limitate ad un solo organo e non compatibili con la diagnosi di FC classica. Queste forme, spesso in passato chiamate FC atipica, vengono oggi definite con un altro termine, più preciso e corretto, ma sostanzialmente intraducibile in Italiano e poco utilizzabile nella pratica clinica: CFTR-related disorder (CFTR-RD). La definizione di CFTR-RD è quella di una entità clinica associata a disfunzione della proteina CFTR ma che non raggiunge i criteri minimi di diagnosi della FC. La differenza quindi tra CF-SPID e CFTR-RD è che la prima è una diagnosi che si basa su riscontri di natura genetico-molecolare (la presenza di mutazioni) e biochimica (screening neonatale positivo, test del sudore dubbio), ma spesso senza alcun sintomo, mentre la seconda si associa anche alla presenza di un preciso fenotipo clinico. Come per CF-SPID, l’evoluzione clinica è variabile, ma la prognosi appare sicuramente più favorevole della malattia pienamente espressa. I fenotipi più tipicamente associati con i CFTR-RD sono l’atresia bilaterale congenita dei dotti deferenti (Congenital Bilateral Absence Of The Vas Deferens, CBAVD) e alcune forme “idiopatiche” di pancreatite cronica o acuta ricorrente o di bronchiettasie disseminate. Naturalmente la diagnosi può essere posta solamente se si siano escluse cause alternative di queste patologie. L’azoospermia da CBAVD è responsabile dell’1–2% delle infertilità maschili. Pur essendo una caratteristica molto frequente nei maschi affetti da FC, questa forma di azoospermia, in assenza di manifestazioni cliniche extragenitali, veniva in passato considerata un’entità patologica indipendente dal gene della FC. Il miglioramento delle tecniche di analisi genetica ha mostrato che mutazioni CFTR sono presenti in entrambi gli alleli nella maggioranza dei maschi con CBAVD. Analogamente alla CBAVD, l’ipotesi che almeno alcune forme di pancreatiti idiopatiche croniche o acute ricorrenti siano correlate ad alterazioni del gene CFTR ha origine dalla constatazione che episodi recidivanti di pancreatite costituiscono un evento non raro in pazienti con FC che abbiano conservato un certo grado di funzionalità pancreatica esocrina. Anche in questo ambito, lo studio approfondito del gene ha portato a risultati inattesi: in una percentuale di soggetti affetti da pancreatite cronica (dal 12 al 37%) sono presenti una o due mutazioni. Al contrario di quanto avviene per l’atresia dei deferenti, la maggioranza delle pancreatiti non può essere imputata ad alterazioni della proteina CFTR; tuttavia, per almeno una parte di questi casi, mutazioni nel gene della FC potrebbero essere coinvolte, da sole o in associazione ad altri fattori eziologici quali alcol o litiasi biliare, nella patogenesi dell’infiammazione pancreatica.10 L’identificazione di neonati con CF-SPID non implica, in assenza di manifestazioni di malattia, la necessità di terapie particolari, ma piuttosto di un piano di follow-up da eseguirsi presso un Centro FC, con l’obiettivo di identificare precocemente segnali di malattia che indichino la necessità di un atteggiamento più interventistico (fisioterapia respiratoria, aerosolterapia, eradicazione di patogeni respiratori) o addirittura un cambio di diagnosi (FC o CFTR-RD). Si tratta quindi di prevenire evoluzioni verso forme di malattia più aggressive o diagnosi tardive di patologia.

D’altro canto, la diagnosi di CF-SPID non è immune da aspetti negativi, al punto che molti la considerano un effetto indesiderato dello screening neonatale. L’imprevedibilità dell’evoluzione di questa condizione, pur nell’ambito nella maggioranza dei casi di situazioni asintomatiche o lievi, e i tempi anche lunghi per capire se vi sia o possa svilupparsi un danno (ad esempio, solo quando il bambino sarà diventato un giovane adulto sarà possibile comprendere se abbia atresia dei deferenti) risultano difficili da accettare da parte dei genitori. Inoltre, in assenza dell’esenzione utilizzabile solo in caso di diagnosi certa di FC, il costo degli accertamenti periodici, abitualmente ogni 6-12 mesi, ricade completamente sulla famiglia. Infine, trattandosi di patologia autosomica recessiva, i genitori presenteranno una probabilità del 25% per ogni eventuale altra gravidanza di avere un figlio con lo stesso genotipo e con le stesse problematiche, ed è facilmente comprensibile come l’incertezza sull’evoluzione clinica renda estremamente difficile un’eventuale diagnosi prenatale. Un altro aspetto negativo, che non ha conseguenze per la famiglia con bambino con CF-SPID o per un malato di CFTR-RD, ma ne presenta per la valutazione epidemiologica della FC, è che talora questi casi sono erroneamente riportati come FC ai registri nazionali ed internazionali, con il rischio di alterare la descrizione generale e le proiezioni di sopravvivenza della FC, facendola apparire più lieve di quanto effettivamente sia.

Questa resta dunque un’area relativamente difficile da interpretare. Sappiamo ancora poco sull’evolutività a lungo termine di queste forme e siamo quindi in difficoltà a dare risposte alle giustificate apprensioni dei genitori di questi bambini. In questo contesto è essenziale una comunicazione con le famiglie chiara e aperta, che riconosca i limiti che contraddistinguono le nostre conoscenze sull’argomento, ma anche evidenzi come sia improbabile che forme di questo tipo diventino una FC conclamata, mentre è ragionevole ipotizzare un’evolutività modesta (CFTR-related disorders?). Va anche sottolineata la necessità di un follow-up prolungato presso un centro specialistico, unico strumento per conoscere l’evoluzione individuale di queste forme.

Conclusioni

Attenzione alla diagnosi, organizzazione della cura, ricerca pubblica e privata, clinici e altri professionisti della salute, pazienti, famiglie e associazioni che li rappresentano sono stati e continuano ad essere attori e strumenti di un cambiamento che ha portato la FC ad evolvere verso una malattia non ancora guaribile, ma senz’altro meglio controllabile e per molti aspetti ben diversa da come era conosciuta un tempo. Le sfide per il futuro si concentreranno sui temi della miglior comprensione della variabilità fenotipica e della disponibilità ed accessibilità di farmaci di nuova generazione ●

Gli autori dichiarano di non avere
nessun conflitto di interesse.

Bibliografia

1. Bombieri C, Seia M, Castellani C. Genotypes and phenotypes in cystic fibrosis and cystic fibrosis transmembrane regulator-related disorders. Semin Respir Crit Care Med 2015;36:180-93.

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7. Sosnay PR, Siklosi KR, Van Goor F, Kaniecki K, Yu H, Sharma N et al. Defining the disease liability of variants in the cystic fibrosis transmembrane conductance regulator gene. Nat Genet 2013;45:1160-67.

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