A., un lattante con ittero

L’importanza della diagnosi differenziale nella gestione di un caso clinico atipico.

Alessia Morreale¹, Claudio Giacomozzi¹,

Maria Luisa Casciana¹,

Federica Girelli², Laura Dotta²,

Antonella Meini², Silvia Fasoli¹

1 Pediatria, Ospedale Carlo Poma, ASST Mantova

2 Pediatria, ASST Spedali Civili di Brescia

A. è un lattante di 7 set- timane che viene condotto presso il nostro Pronto Soccorso (PS) pediatrico per la comparsa di ittero ingravescente nei precedenti due giorni. L’anamnesi è complicata da una importante barriera linguistica. I genitori sono di origine siriana ed A. è quartogenito, nato a termine con perinatalità riferita nella norma, bilirubinemia alla dimissione dal nido pari a 11 mg/dl. Il bambino viene alimentato esclusivamente con latte materno e presenta una buona crescita ponderale.

All’esame obiettivo condotto in PS, A. appare in buone condizioni generali con parametri vitali stabili. La cute risulta francamente itterica, le dita delle mani e dei piedi presentano una colorazione bruno–rossastra (la madre riferisce di averle dipinte con henné 3 giorni prima). Non sono presenti epato-splenomegalia e l’obiettività cardio-respiratoria risulta nella norma.

Nella diagnosi differenziale di ittero in un lattante dobbiamo considerare le seguenti cause¹ (Tabella 1).




L’ittero da allattamento materno è dovuto ad un aumento della bilirubina indiretta, in genere esordisce più precocemente (picco durante la 2ª–3ª settimana di vita) e rappresenta una diagnosi di esclusione.

Alla luce dell’insorgenza acuta della sintomatologia eseguiamo esami ematici comprensivi di emocromo, bilirubina, PCR, transaminasi e LDH.

In attesa dell’esito richiediamo un’ecografia addome in urgenza per escludere la presenza di atresia delle vie biliari o di altre alterazioni epato-biliari, che risulta nella norma.

Gli esami ematici mostrano la presenza di anemia normocromica normocitica severa (Hb 7,1 g/dl), senza alterazioni delle altre linee cellulari. Il valore di bilirubina totale risulta superiore a 20 mg/dl, tutta rappresentata dalla quota indiretta. Si associa significativo rialzo delle LDH e normalità dei livelli di transaminasi.

Il quadro clinico-laboratoristico è suggestivo per una forma di emolisi acuta.

Consideriamo quindi le possibili diagnosi differenziali di fronte a un quadro di emolisi acuta¹ (Tabella 2).




Per escludere la presenza di emolisi da incompatibilità materno-fetale vengono verificati gruppo sanguigno di madre e paziente, che risultano entrambi A positivi.

Viene quindi richiesto il dosaggio del test di Coombs indiretto e diretto che risulta negativo.




Ci troviamo quindi di fronte a un quadro di emolisi acuta non immuno-mediata.

Le possibili diagnosi differenziali di fronte a un quadro di emolisi acuta non immuno-mediata sono le seguenti¹ (Tabella 3).

Valori di bilirubina superiori ai 20 mg/dl possono causare una sindrome neurologica secondaria al deposito di bilirubina non coniugata nei gangli della base e nei nuclei del tronco cerebrale. Per prevenire lo sviluppo di tale sindrome è necessario ridurre i livelli di bilirubinemia mediante procedure di exsanguinotrasfusione.

A tale scopo si dispone il trasferimento di A. presso una Pediatria di 3° livello, dove viene dosato in urgenza il livello di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) che risulta francamente inferiore alla norma rendendo quindi possibile la diagnosi di crisi emolitica acuta da difetto di glucosio-6-fosfato deidrogenasi.

La carenza di G6PD (o favismo) è un difetto enzimatico ereditario X linked la cui principale manifestazione clinica è costituita dalle crisi emolitiche acute, scatenate da ingestione di fave, infezioni o farmaci.

A. non risulta essere stato esposto a nessuno dei fattori che scatenano una crisi emolitica in soggetti con deficit di G6PD¹ (Tabella 4).

In letteratura viene descritta l’associazione tra esposizione ad henné (cutanea o mediante ingestione) e scatenamento di crisi emolitiche in pazienti con difetto di G6PD, verosimilmente indotte dalla sostanza 2-idrossi-1,4-naftochinone (o Lawsone).2-5

A. viene ricoverato presso la Rianimazione pediatrica del centro di 3° livello dove esegue trasfusione di emazie concentrate, ben tollerata. Nei giorni successivi si assiste a normalizzazione dell’emocromo con riduzione degli indici di emolisi. Il bambino viene quindi dimesso con diagnosi di crisi emolitica in difetto di G6PD e vengono fornite alla famiglia le indicazioni per gli alimenti e le esposizioni da evitare, compresa quella all’ henné e suoi derivati.

Il caso clinico di A. risulta di particolare interesse: nella pratica clinica, infatti, è sempre più frequente dover gestire pazienti provenienti da differenti aree geografiche, con diversa distribuzione epidemiologica delle malattie e soprattutto diverse usanze, quale la colorazione delle estremità con henné, che esitano in peculiari fattori di rischio .

Gli autori dichiarano di non avere

alcun conflitto di interesse.

Bibliografia

1. Kliegman R, Stanton BF, St. Geme J et al. Nelson Textbook of Pediatrics. 20th edition. Elsevier; 2015

2. Kheir A, Gaber I, Gafer S, Ahmed W. Life-threatening haemolysis induced by henna in a Sudanese child with glucose-6-phosphate dehydrogenase deficiency. East Mediterr Health J. 2017 Feb 21;23(1):28-30

3. Kok A N, Ertekin M V, Ertekin V, Avci B. Henna (Lawsonia inermis Linn.) induced haemolytic anaemia in siblings. Int J Clin Pract 2004 May;58(5):530-2.

4. Raupp P, Hassan J A, Varughese M, Kristiansson B. Henna causes life threatening haemolysis in glucose-6-phosphate dehydrogenase deficiency. Arch Dis Child 2001.

5. Zinkham W H, Oski F A. Henna: a potential cause of oxidative hemolysis and neonatal hyperbilirubinemia. Pediatrics 1996 May;97(5):707-9