Covid reset

La pandemia, tra le altre cose, ha dimostrato l’importanza della comunicazione e del linguaggio della leadership
per essere “portatori di messaggi” che arrivino a modificare
i comportamenti di cittadini, pazienti, comunità.

di Luciana Indinnimeo

direzione.areapediatrica@sip.it

P oco più di un anno fa avevo scritto sui probabili cambiamenti che sarebbero avvenuti in seguito alla pandemia da SARS-CoV-2, che speravamo si sarebbe quasi completamente risolta con i vaccini. Oggi, nel febbraio 2022, anche se la circolazione del virus si mantiene alta e abbiamo la consapevolezza che la convivenza con il virus sarà probabilmente lunga, i vaccini costituiscono la barriera più efficace contro il Covid-19, si sono dimostrati essenziali nel ridurre i tassi di morbilità e di mortalità da SARS-CoV-2. Prosegue anche la campagna di vaccinazione pediatrica, che è di grande importanza, dal momento che i bambini, dopo gli adolescenti, sono la fascia di età più colpita.

Con l’avvento dei vaccini è emerso un inedito fenomeno sociale rappresentato dalla resistenza psicologica a farsi vaccinare da parte di circa il 10% della popolazione adulta.

Le dimensioni e l’intensità di questo fenomeno sociale si sono rivelate non prevedibili e probabilmente rappresentano una novità nella nostra storia.

Si tratta infatti di un comportamento che ha coinvolto tutti i popoli del Mondo, senza distinzione di ceti o età, con atteggiamenti estremistici e tendenza alla creazione di ideologie molto lontane dagli interessi e dal bene comune.

Le paure ancestrali che la pandemia ha disseppellito sono anche in parte dovute ad alcune imperfezioni della comunicazione legata alle campagne vaccinali, ma le cause sono probabilmente più complesse e sono oggetto di attenzione e misure cautelative da parte di molti agenti sociali.

Per ora possiamo dire che l’accelerazione delle collaborazioni internazionali per la produzione di vaccini non è stata seguita da una impostazione altrettanto efficace nella comunicazione della campagna vaccinale.

Anche a noi medici è richiesto uno sforzo sia di natura culturale che operativa, senza trascurare il significato del nostro ruolo sociale e le aspettative riposte sulla nostra professionalità.

Il nostro Paese ha un sistema sanitario tra i migliori al mondo, eppure nei primi mesi della pandemia da Covid-19 qualcosa non ha funzionato. I servizi territoriali, in particolare, hanno dimostrato evidenti difficoltà nella loro capacità di far fronte in modo coordinato ed efficiente alle richieste di assistenza.

Il reset anche della professione medica è in atto e deve essere impostato sia su un piano teorico che pratico, nel rispetto dei dettami del metodo scientifico e nella osservanza delle esigenze deontologiche.

È necessario già all’Università prevedere un’introduzione alla Medicina del Territorio e dare ai futuri medici elementi di previdenza e welfare oltre che una preparazione alle tecnologie comunicative e esponenziali (Dott. Alberto Oliveti, Presidente della Fondazione Enpam). Per tecnologia esponenziale si intende il massimo rendimento ottenibile con gli strumenti tecnologici di cui oggi disponiamo, che sono in grado di rivoluzionare i processi, cambiare le dinamiche, i modelli e i paradigmi di lavoro, ma lo fanno con un’accelerazione che viene appunto definita esponenziale.

Non è più sufficiente essere comunicatori di notizie scientifiche, ormai facilmente reperibili sul web, la pandemia ha dimostrato quanto sia fondamentale imparare l’arte della comunicazione e il linguaggio della leadership per essere “portatori di messaggi” in grado di modificare i comportamenti dei nostri assistiti e delle nostre comunità.

La crisi non è ancora risolta ma gli eventi ai quali stiamo assistendo ci lasciano pensare che il cammino post pandemico è iniziato. II percorso non sarà breve, deve trovarci pronti ai cambiamenti .