La sindrome pfapa

I sintomi sono sovrapponibili ad altre affezioni
pediatriche, ecco perché è importante che i genitori
registrino attentamente gli episodi.

Maria Elisabetta Di Cosimo

Unità di Infettivologia Pediatrica

Ospedale Universitario
L. Sacco, Milano

Alice Bolchini, Nicolò Garancini

Università degli Studi di Milano, Ospedale L. Sacco e Ospedale dei Bambini V. Buzzi

La Sindrome PFAPA indica un quadro caratterizzato da periodici rialzi febbrili (T > 38°C) associati ad almeno uno fra i seguenti sintomi: aftosi (piccole ulcere del cavo orale), adenopatia laterocervicale (gonfiore dei linfonodi del collo), faringite o faringotonsillite (mal di gola). Possono associarsi anche malessere, nausea, dolore addominale, mal di testa. Gli episodi sono autolimitanti e si ripetono in maniera solitamente simile con febbre elevata della durata di circa 3-6 giorni e una ricorrenza ogni 3-8 settimane circa. Tra un episodio e l’altro il bambino è spesso del tutto senza sintomi.

Quali le cause, quanto è diffusa e chi colpisce

Alla base della PFAPA c’è un disturbo del sistema immunitario con una disfunzione di alcune particolari sostanze (citochine) associate all’infiammazione. Non è tuttavia ancora nota una base genetica dimostrabile e durante gli episodi non è dimostrabile la presenza di un agente infettivo (non è quindi una malattia contagiosa).

Si tratta della più comune forma di febbre periodica nella popolazione pediatrica. É probabile che questa sindrome sia più frequente di quanto si pensi. Colpisce solitamente i bambini nella prima infanzia, al di sotto dei cinque anni di età: ha un decorso cronico, ma è una condizione benigna, con tendenza al miglioramento nel tempo e risoluzione entro l’adolescenza, tipicamente intorno ai 10 anni di vita (in una minoranza di casi continua ad avere episodi in età adulta). Non sono infine descritte conseguenze sulla crescita e sullo sviluppo del bambino.

Come si diagnostica?

La diagnosi è clinica, in quanto non esistono esami specifici per la PFAPA. In ogni caso si riscontra frequentemente un rialzo della PCR e della VES, con una linfopenia (numero basso di globuli bianchi) associata a neutrofilia e monocitosi. Considerando il quadro di faringite febbrile può essere utile escludere la presenza di un’infezione, ad esempio da streptococco beta emolitico di gruppo A (SBEGA).

Trattamento e prevenzione

Non trattandosi di una malattia infettiva gli antibiotici non sono necessari. Anche paracetamolo e antinfiammatori non steroidei non sembrano avere efficacia. Si ha tipicamente una pronta risoluzione della febbre utilizzando farmaci corticosteroidei, anche in singola dose (ad esempio prednisone da 1 a 2 mg/kg), con una risoluzione del quadro in poche ore (la diagnosi può anche essere supportata ex adiuvantibus osservando la risposta alla terapia steroidea, nel sospetto di PFAPA). Nel 20-25% dei casi è necessaria una seconda dose a 12-24 ore dalla prima. Si è tuttavia visto che in alcuni casi l’utilizzo di corticosteroidi porta a una riduzione della durata degli intervalli di benessere fra i vari episodi.

Per quanto riguarda la prevenzione sono in corso di studio nuove opzioni terapeutiche quali alcuni antistaminici (ad esempio la cimetidina), integrazioni di vitamina D o addirittura la colchicina (usualmente impiegata nella terapia di altre febbri periodiche come la Febbre Mediterranea Familiare). Recenti studi hanno infatti evidenziato il ruolo della cimetidina e della colchicina nella prevenzione delle ricorrenze fino a circa il 50% dei casi. Tuttavia, ad oggi non ci sono ancora evidenti raccomandazioni sulla durata del trattamento a scopo profilattico. Un’altra opzione di trattamento profilattico è la tonsillectomia che, soprattutto in caso di importante coinvolgimento faringo-tonsillare, risulta spesso risolutiva (fino all’80-90%); tuttavia considerando che la PFAPA rappresenta una condizione spesso autolimitante, che non dà sequele, bisogna pesare bene il bilancio fra rischi e benefici dell’intervento.

Consigli pratici

Considerando che i sintomi sono sovrapponibili a molte altre affezioni dell’età pediatrica è importante identificare correttamente gli episodi. Può essere di grande aiuto per il pediatra il fatto che i genitori mantengano un diario degli episodi, dove vengano indicati data di insorgenza, durata, eventuale esecuzione di esami diagnostici (esami del sangue o tampone faringeo per ricerca di SBEGA o di SARS-CoV-2), modalità di risoluzione, impiego di eventuali farmaci (antibiotici, cortisone, ecc.)

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