Culture map

All’incremento di connessioni virtuali dovrebbe corrispondere anche un incremento di connessioni culturali per diventare “cittadini globali” impegnati per un “mondo più pacifico”.

di Luciana Indinnimeo

direzione.areapediatrica@sip.it




Circa trenta anni fa una mia collega danese stabilitasi a Roma da qualche anno mi raccontava dei problemi che aveva quando andava dalla suocera a Sorrento. I conflitti tra nuora e suocera sorgevano quando la mia collega portava fuori in balcone il proprio figlioletto di un anno per iniziare, anche nella stagione invernale, il pisolino pomeridiano. Qualche anno dopo la mia prima figlia, di ritorno da uno scambio interculturale in Danimarca, mi riferiva dell’abitudine delle mamme danesi di iniziare all’aperto, anche in inverno, per i propri figli il pisolino pomeridiano. Una impostazione culturale per abituare i bambini alle rigide temperature nordiche.

L’organizzazione di scambi tra famiglie di cui facevano parte le mie due prime figlie si chiamava CISV (Children International Summer Villages). Il CISV, oggi denominato CISV International, è un’organizzazione internazionale aconfessionale e apolitica, affiliata all’UNESCO, che promuove l’educazione alla pace e all’amicizia interculturale.

Il CISV venne fondato nel secondo dopoguerra, precisamente nel 1951, da Doris Twitchell Allen. Da allora si è diffuso in circa 70 Paesi, con oltre 200.000 delegati che hanno partecipato a migliaia di attività internazionali.

Il CISV offre una gamma di attività di gruppo per sviluppare comprensione reciproca e integrazione fra i bambini e fra i giovani dei diversi angoli del mondo. Incoraggiando non l’annullamento, ma il rispetto delle differenze culturali e lo sviluppo della coscienza di sé, si propone di mettere ogni partecipante nelle condizioni di incorporare questi valori nella propria vita per diventare cittadini globali e impegnarsi per un mondo più pacifico. È noto che molti dei pregiudizi, degli stereotipi che tutti abbiamo riguardo alle popolazioni di Paesi diversi dal nostro sono in realtà dovuti all’ignoranza e allo scarso approfondimento delle culture altrui.

Sulla base dell’insegnamento di Doris Allen quest’associazione si occupa di quattro ambiti educativi: diritti umani, diversità culturale, risoluzione di conflitti, sviluppo sostenibile. Viene applicato il principio educativo del “learning by doing”, ossia dell’imparare da esperienze dirette più che da libri. Questo approccio dovrebbe fornire a tutti le conoscenze, gli strumenti e gli atteggiamenti di cui abbiamo bisogno per diventare agenti di cambiamento, sia a livello locale che a livello globale. In altre parole, per diventare “cittadini globali attivi”.

In questi drammatici giorni di guerra in Europa è sempre più evidente l’esigenza di creare connessioni culturali tra i popoli tali da impedire il ricorso alle armi per risolvere i problemi di incomunicabilità. Il messaggio è soprattutto rivolto a coloro che ritengono che lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e dei social abbia creato non solo connessioni virtuali ma anche connessioni culturali. Non è così, l’incremento delle connessioni virtuali non ha avuto in proporzione un parallelo sviluppo di connessioni culturali. Oggi la famiglia e il pediatra sempre più spesso sono chiamati a prevenire e trattare il bullismo digitale spesso derivante da discrasie culturali che emergono con violenza nelle relazioni virtuali intraprese da ragazzi non sufficientemente protetti o preparati. Impegno dei genitori e degli adulti che sono in relazione con i ragazzi è essere attenti ed educarli al rispetto e all’accoglienza per prevenire comportamenti aggressivi.

Il titolo dell’editoriale è tratto dal titolo del libro “The culture map” di Eryn Meyer che ha cercato di decodificare come i popoli della Terra creano le proprie culture per pensare, gestire e realizzare i fatti .