Le convulsioni febbrili nella pratica clinica

Eziopatogenesi, fattori prognostici e gestione diagnostico-terapeutica nelle convulsioni febbrili: un supporto per i medici per migliorare la comunicazione con le famiglie.

Alessandro Ferretti1, Alice Fabrizio1, Vincenza Patrizia Di Marino1, Antonella Riva2,3, Oliviero Bruni4, Giuseppe Capovilla5,6, Thomas Foiadelli7, Alessandro Orsini8, Umberto Raucci9, Antonino Romeo10, Pasquale Striano2,3, Pasquale Parisi1

1 UOC di Pediatria, Dipartimento di Neuroscienze, Salute Mentale e Organi di Senso (NESMOS), Facoltà di Medicina e Psicologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma

2 IRCCS Giannina Gaslini, Genova

3 Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili, Università degli Studi di Genova

4 UOD Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma

5 Dipartimento di Neuropsichiatria infantile, Centro per l’Epilessia, Mantova

6 Ospedale C. Poma Fondazione Poliambulanza, Brescia

7 Clinica Pediatrica, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia

8 Neurologia Pediatrica, UO Pediatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Università degli Studi di Pisa

9 Dipartimento Generale e dell’Emergenza, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

10 Ospedale Fatebenefratelli, ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano

Convulsioni febbrili: definizione, epidemiologia e classificazione

Le convulsioni febbrili (CF) sono comunemente percepite dal personale medico come una condizione autolimitante di natura generalmente “benigna”. Tuttavia, spesso comportano consultazioni pediatriche e la loro gestione può variare a seconda del contesto clinico. Per i genitori e gli operatori sanitari, assistere a una CF può essere un’esperienza traumatica.

In questo articolo, offriamo un’analisi approfondita sulla gestione delle CF, degli interventi terapeutici e dei fattori prognostici, con l’obiettivo di fornire supporto ai medici e migliorare la comunicazione con le famiglie. L’articolo riassume la letteratura scientifica su tale argomento degli ultimi 50 anni.1

Le CF sono crisi epilettiche “provocate” che iniziano durante un episodio febbrile, in assenza di infezione del sistema nervoso centrale (SNC), tipicamente in bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni.2 Tuttavia, anche se più raramente, possono verificarsi dopo i 5 anni di età. Sebbene siano crisi epilettiche, in quanto “provocate” nella maggior parte dei casi non portano ad una diagnosi di epilessia.

Le CF colpiscono circa il 2-5% dei bambini negli Stati Uniti e in Europa occidentale e dal 6 al 9% di quelli giapponesi. Il picco di incidenza della prima CF si verifica tipicamente durante il secondo anno di vita. Le cause precise della CF non sono del tutto chiare. Una particolare sensibilità dell’encefalo in via di sviluppo alla febbre e alle malattie infettive è in grado di provocare CF, ma la domanda è perché alcuni bambini presentano CF mentre altri no. I fattori statisticamente correlati con la CF comprendono una storia familiare di tali crisi, disfunzioni neurologiche o dello sviluppo, dimissione neonatale ritardata e frequenza all’asilo nido.

L’ipotesi eziopatogenetica prevalente è che la CF abbia una notevole predisposizione genetica. È stata suggerita un’ereditarietà poligenica, sebbene in alcune famiglie sia stato identificato un modello di ereditarietà autosomica dominante. Se un bambino ha la CF, il rischio che anche suo fratello ne soffra va dal 10% al 45%. In particolare, da studi di linkage sono emerse evidenze che riportano collegamenti su più cromosomi come 2q, 5q, 8q, 19p e 19q, con l’associazione più stretta con il cromosoma 2q e nello specifico con i geni responsabili dei recettori dei canali del sodio. Un’altra importante sindrome associata alle CF è l’epilessia genetica con crisi febbrili plus (genetic epilepsy with febrile seizures plus, GEFS+). Tale sindrome è caratterizzata dall’esordio della CF tipicamente tra i 6 mesi e i 6 anni di età, accompagnate da altre crisi, generalizzate o focali, con o senza febbre, che possono persistere nel tempo. Sebbene una predisposizione genetica sia evidentemente insufficiente da sola per innescare la CF, la febbre è un requisito importante e fino all’82% dei casi di CF si verifica durante le infezioni virali (e.g. herpesvirus umano 6, influenza, adenovirus, virus respiratorio sinciziale, parainfluenza e SARS-CoV-2). Non è chiaro se esista una soglia febbrile specifica oltre la quale può verificarsi una CF, con alcuni studi che indicano 38°C, altri 38,4°C. Allo stesso modo, mancano dati per dimostrare che sia un rapido aumento della temperatura più del picco di temperatura raggiunto a provocare la CF.3 Il verificarsi di crisi epilettiche nel contesto della febbre prima dei 6 mesi di età dovrebbe far sospettare l’insorgenza di epilessia con eziologia genetica, come varianti nei geni SCN1A o PCDH19.1

Classicamente, le CF sono classificate come “semplici” o “complesse” in base alla presenza di segni focali, durata e recidiva all’interno di un singolo episodio infettivo (Figura 1).




Circa il 20-35% delle CF è classificato come complesso.

La definizione di CF fornita dall’American Academy of Pediatrics esclude esplicitamente i bambini con disturbi neurologici che predispongono a crisi epilettiche (e.g. bambini con paralisi cerebrale).2 Tale esclusione è riportata esplicitamente anche dalla Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE).4 Nessuna delle definizioni esclude esplicitamente i bambini con disturbi dello sviluppo neurologico preesistenti come i disturbi dello spettro autistico.

Lo stato epilettico febbrile si configura allorquando una singola CF persiste continuativamente, o le CF si presentano subentranti senza recupero completo della consapevolezza, per oltre 30 minuti. Questo rappresenta il 25-52% di tutti i casi di stato epilettico nei bambini, sebbene costituisca una piccola parte di tutte le CF.




Management diagnostico e terapeutico

La gestione pre-ospedaliera e di emergenza delle CF dovrebbe dare priorità alla stabilizzazione del bambino garantendo l’ABC (pervietà delle vie aeree, respirazione e circolazione). La maggior parte delle CF è autolimitante e tende a risolversi prima che i bambini arrivino in ospedale. Tuttavia, è stato dimostrato che è improbabile che la CF prolungata termini spontaneamente. Di conseguenza, è meno probabile che le CF che durano più di 5 minuti terminino spontaneamente ed è raccomandata la somministrazione di una benzodiazepina (BDZ).

Si preferisce il diazepam (DZP) rettale alla dose di 0,25-0,5 mg/kg/dose (generalmente 5 mg) sotto i 3 anni e il midazolam (MDZ) oromucosale, predosato in siringhe in base all’età (3-4 anni: 5 mg; 5-9 anni: 7,5 mg; 10-18 anni: 10 mg), oltre i 3 anni di vita. Il DZP rettale presenta, infatti, limitazioni dovute all’assorbimento rettale variabile e imprevedibile e un rischio maggiore di depressione respiratoria rispetto al MDZ. Inoltre, la somministrazione per via rettale è indubbiamente meno accettabile socialmente rispetto a quella oromucosale.

Dopo una prima dose di BDZ, se la CF non si è interrotta, è possibile somministrare una seconda dose di BDZ dopo 5 minuti. La somministrazione di più di due dosi di BDZ non è raccomandata a causa del potenziale rischio di indurre depressione respiratoria. Se fosse disponibile l’accesso endovenoso, potrebbero essere prese in considerazione altre BDZ. Una revisione Cochrane pubblicata nel 2018 ha concluso che il lorazepam per via endovenosa (0,1 mg/kg/dose; max 4 mg/dose) e il diazepam (0,2 mg/kg/dose; max 10 mg) hanno tassi simili di cessazione delle crisi e potenziale depressione respiratoria. Un’altra opzione è il midazolam per via endovenosa (0,1-0,2 mg/kg/dose; massimo 10 mg).5 La gestione della CF è riassunta nella figura 1.1

La valutazione di un bambino con CF dovrebbe iniziare con l’anamnesi (setting in cui l’episodio si è verificato, caratteristiche dell’episodio, durata, storia di precedenti CF, storia di crisi epilettiche in apiressia, di disordini del neurosviluppo, familiarità per CF e per epilessia) e l’esame obiettivo per determinare la causa sottostante della febbre. Inoltre, è necessario considerare le malattie recenti, l’uso concomitante di antibiotici, eventuali vaccinazioni recenti e lo stato di immunizzazione contro l’Haemophilus influenzae di tipo b e lo Streptococcus pneumoniae.

Per i bambini che presentano una CF semplice e sono in buone condizioni generali, generalmente non sono richiesti esami ematochimici, a meno che non si rendano necessari nella valutazione della causa della febbre, né neuroimaging o elettroencefalogramma (EEG).2 Se un bambino presenta una CF complessa o una CF semplice accompagnata da condizioni generali scadenti, si consiglia una valutazione completa da parte di un neuro-pediatra o di un neuropsichiatra infantile. L’esecuzione di ulteriori test viene stabilita in base alla storia clinica del bambino e all’esame obiettivo. Una CF che si accompagna con segni meningei, un’età inferiore a 12 mesi, un incompleto stato di immunizzazione contro Haemophilus influenzae di tipo b o Streptococcus pneumoniae o un recente trattamento antibiotico, deve essere indagata nel sospetto di una meningite. In particolare, nei bambini di età inferiore a un anno i segni meningei possono essere più subdoli, pertanto la puntura lombare è maggiormente indicata.2 La puntura lombare è un’opzione da considerare anche per i bambini che sono stati pretrattati con antibiotici, poiché il trattamento antibiotico può mascherare i segni e i sintomi della meningite pur essendo insufficiente a debellarla. Diversi studi evidenziano che la meningite batterica è improbabile nei bambini con CF complessa senza altri sintomi neurologici, in particolare se il bambino è in buone condizioni generali. Il giudizio clinico rimane sempre fondamentale nel determinare quali bambini dovrebbero sottoporsi a test invasivi. Allo stesso modo, l’anamnesi clinica e l’esame neurologico possono aiutare a decidere se il neuroimaging è necessario per i bambini con CF complessa. A questo proposito, il neuroimaging generalmente non è richiesto per la CF complessa a meno che il bambino non mostri alterazioni o segni focali durante l’esame neurologico. Se un bambino si riprende prontamente dalla CF, la tomografia computerizzata (TC) dell’encefalo ha un valore limitato. Le scansioni TC cerebrali sono in genere necessarie quando si considera la puntura lombare o se si sospetta una lesione occupante spazio.

La linea guida dell’American Academy of Pediatrics specifica che un EEG non dovrebbe essere condotto nella valutazione di un bambino neurologicamente sano con una CF semplice; questo perché non ci sono evidenze che suggeriscono che le anomalie EEG possano predire la recidiva della CF o l’insorgenza dell’epilessia2. In caso di CF complesse i pareri a tal proposito non sono unanimi. Mentre alcuni studi hanno dimostrato che un EEG epilettiforme non era una misura sensibile e aveva uno scarso valore predittivo positivo per lo sviluppo di epilessia tra bambini neurologicamente sani o con lieve ritardo con una prima CF complessa, altri hanno mostrato che le scariche epilettiformi sugli EEG sono fattori di rischio predittivi per lo sviluppo dell’epilessia.

Un EEG dovrebbe essere eseguito su un bambino che presenta una CF complessa accompagnata da uno stato neurologico e di sviluppo alterato, poiché in questa popolazione esiste il rischio più elevato di epilessia. Inoltre, l’EEG svolge un ruolo cruciale nel supportare il sospetto diagnostico di encefalite da herpes simplex, la forma di encefalite sporadica più diffusa in tutto il mondo, nei bambini con manifestazioni cliniche suggestive. La valutazione diagnostica della CF è riassunta nella figura 1.1

L’ospedalizzazione viene spesso indicata per l’osservazione dopo una prima CF. Uno dei motivi principali dell’osservazione è il rischio di infezioni che colpiscono il SNC e di ulteriori CF nell’immediato periodo successivo. I fattori che indicano il ricovero ospedaliero di un bambino includono la sonnolenza prima della crisi, un punteggio alla Glasgow Coma Scale (GCS) inferiore a 15 più di un’ora dopo la crisi, la presenza di segni di interessamento meningeo, l’età inferiore ai 18 mesi, l’aver ricevuto trattamento antibiotico prima della CF e stato immunitario immaturo.6 I bambini con una prima CF complessa hanno un basso rischio di recidiva durante la degenza ospedaliera e non è stato identificato alcun predittore di recidiva di crisi. Tuttavia, se si verificano crisi multiple entro 24 ore dall’esordio, vi è un aumentato rischio di recidiva e ciò potrebbe giustificare il ricovero. In ogni caso, la Lega Italiana Contro l’Epilessia,4 il Joint Working Group of the Research Unit of the Royal College of Physicians e la British Pediatric Association Commission, e le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità6 raccomandano il ricovero di routine per l’osservazione di tutti i bambini che presentano CF complessa. L’EEG ha un impatto limitato sulla gestione acuta e non dovrebbe essere utilizzato come criterio per il ricovero. La maggior parte dei bambini può essere dimessa in sicurezza dopo un periodo di osservazione se ripristinatosi lo stato neurologico di base.1

Red flag, prevenzione e fattori prognostici

L’elenco completo delle red flag può aiutare i medici a valutare il rischio di recidiva di CF e di future crisi epilettiche non provocate, nonché a identificare i bambini che necessitano di valutazioni di emergenza più approfondite. Queste red flag per ciascun rischio sono riassunte nella figura 2. Circa il 30-50% dei bambini che sperimentano la prima CF avrà successivi episodi di CF.




Gli individui con CF semplice hanno un rischio di sviluppare epilessia dell’1%, che è superiore a quello della popolazione generale ma non clinicamente significativo. Al contrario, le CF complesse sono seguite da epilessia nel 4-15%. Più recentemente, i principali fattori prognostici per lo sviluppo dell’epilessia dopo CF sono stati identificati come CF complessa, che aumenta il rischio di 3,6 volte, età all’esordio della CF oltre il terzo anno di vita, che aumenta il rischio di 3,8 volte, storia familiare positiva per epilessia, che aumenta il rischio di 7,3 volte, ed episodi multipli di CF, che aumentano il rischio di circa 10 volte. La focalità alla prima e alla seconda recidiva di CF aumenta il rischio di epilessia rispettivamente di circa 9,7 e 11,7 volte.1,7

L’uso di farmaci antipiretici può fornire sollievo ad un bambino febbrile ma non previene la CF. Studi randomizzati su dosi appropriate di paracetamolo (10 mg/kg/dose quattro volte al giorno) e ibuprofene (5 mg/kg/dose ogni 6 ore) non sono riusciti a mostrare alcun beneficio nella prevenzione della CF. Coerentemente, una recente revisione sistematica non ha riscontrato un chiaro beneficio nell’uso degli antipiretici per prevenire la CF nello stesso episodio febbrile e durante episodi febbrili distanti.8 Medicamenti anti crisi epilettiche usati cronicamente in profilassi per la CF semplice e complessa non sono raccomandati di routine.4 Infine, i genitori/caregiver dovrebbero evitare il co-sleeping.

Una delle principali problematiche con le CF è la possibilità di sequele neurologiche a lungo termine. Le CF semplici non sono associate ad un aumento del rischio di disturbi neurologici o cognitivi.

Ciò è più controverso per i bambini con stato epilettico febbrile. Lo studio FEBSTAT ha riscontrato inizialmente punteggi simili tra i bambini con stato epilettico febbrile rispetto ai bambini con CF semplice, ma punteggi inferiori nel primo gruppo dopo un anno.9 Diversi studi hanno scelto di esaminare lo stato epilettico febbrile rispetto alla CF di breve durata per valutare il rischio di sviluppare sclerosi temporale mesiale (MTS) associata all’epilessia del lobo temporale. Questi studi hanno concluso che l’evidenza di una relazione causale tra MTS e CF è debole. D’altra parte, esistono prove limitate che suggeriscono che lo stato epilettico febbrile possa provocare anomalie dell’ippocampo e conseguenti esiti avversi.1

I genitori dovrebbero essere rassicurati sul fatto che un decesso in seguito a una CF è estremamente raro, anche nei bambini ad alto rischio (ovvero quei bambini con disturbi del neurosviluppo o altre comorbilità).1




Vaccinazioni

Le CF non sono un motivo per evitare le vaccinazioni. Solo in selezionati individui, in caso di convulsioni febbrili complesse in presenza di altre comorbilità, il medico curante potrebbe consigliare ulteriori precauzioni per le vaccinazioni successive (e.g. vaccinazioni in regime protetto).1,2 L’associazione tra CF e vaccinazioni è dovuta principalmente alla febbre indotta dal vaccino in individui geneticamente predisposti. Le vaccinazioni aiutano a prevenire le infezioni causate da virus o batteri comuni che possono scatenare la CF, riducendo in definitiva il rischio complessivo. Anche i vaccini contro lo pneumococco, il meningococco e l’Haemophilus influenzae svolgono un ruolo cruciale nel proteggere i bambini dall’encefalite e dalla meningite, condizioni che possono portare a crisi epilettiche. In genere non è consigliabile somministrare farmaci antipiretici di routine al momento della vaccinazione poiché potrebbero potenzialmente ridurre la risposta immunitaria dell’organismo a diversi antigeni vaccinali.1

Raccomandazioni per i caregiver

Particolare attenzione dovrebbe essere prestata al counseling familiare e dovrebbero essere trasmesse informazioni accurate verbalmente e per iscritto. È importante fornire spiegazioni in merito all’impossibilità di prevenire nuovi episodi e rassicurare in merito alla risoluzione della sintomatologia nei pochi anni successivi senza sequele.3 Inoltre, è importante chiarire che non tutte le successive infezioni o CF scateneranno necessariamente un’altra crisi, riducendo così al minimo la “febbre-fobia”. Recentemente è stato raggiunto un consenso tra neurologi infantili e pediatri di cinque paesi europei riguardo alle informazioni da condividere con le famiglie affette da CF.10 Di conseguenza, proponiamo nella figura 3 un pannello di raccomandazioni da discutere con i caregiver di bambini che soffrono di CF.




Il programma di intervento educativo dei genitori ha dimostrato la sua efficacia nel migliorare le conoscenze dei caregiver, nel mitigare gli agiti impropri, nel ridurre l’ansia e nel promuovere migliori interventi di primo soccorso.1




Discussione

La CF è una condizione infantile comune e, sebbene abbia un tasso di recidiva relativamente alto, la prognosi complessiva è favorevole, con un basso rischio di sviluppare epilessia. Tuttavia, la distinzione tra CF semplice e complessa è stata un punto di enfasi nella comunità medica. Spesso per i caregiver può risultare difficile, soprattutto nei primi episodi, riconoscere accuratamente le caratteristiche delle crisi stimandone la durata o la eventuale focalità della semeiologia. Recentemente, è stato suggerito di ridurre il cut-off per la durata della CF semplice a 6 minuti, poiché la popolazione con CF di durata superiore a 6 minuti più probabilmente presenta alterazioni EEG al follow-up, disturbi neurologici e un aumentato tasso di recidiva nell’anno successivo alla prima CF. Tuttavia, non è stato ancora raggiunto un consenso internazionale e attualmente la durata limite tra CF semplice e complessa rimane a 15 minuti. Il fattore più affidabile che distingue tra crisi semplici e complesse è il verificarsi di episodi ripetuti nell’arco di 24 ore. Discernere tra una CF semplice e complessa è un punto chiave della valutazione clinica, guidando l’eventuale indicazione a proseguire il percorso diagnostico quando necessario. Nei casi di CF semplice, infatti, non è generalmente necessario ricorrere a ulteriori indagini. Nei casi di CF complessa, è invece necessaria una valutazione complessiva per porre o meno l’indicazione a indagini quali un EEG, una RM encefalo (o una TC cranio) o la puntura lombare, stabilendone anche il timing più appropriato. Di fronte a una prima CF, soprattutto se con alcune caratteristiche della CF complessa, in assenza di fattori di rischio, si potrebbe programmare una rivalutazione clinica ambulatoriale con o senza EEG, anche per offrire ai caregiver uno spazio di ascolto lontano dall’episodio acuto. D’altra parte, l’EEG ambulatoriale dovrebbe essere sempre preso in considerazione per i bambini con molteplici fattori di rischio per l’epilessia, come ritardo dello sviluppo o una storia familiare di epilessia, in particolare se presentano più di una caratteristica distintiva della CF complessa, a causa dell’aumento del rischio di sviluppare una epilessia.




Conclusioni

Le CF sono relativamente frequenti in età evolutiva con una prognosi complessiva favorevole. Il corretto riconoscimento delle red flag può guidare la gestione e l’eventuale indicazione a approfondimenti appropriati, ponendo le basi per un adeguato follow-up. Ad ogni modo, in ogni singolo caso, una valutazione clinica globale rimane sempre determinante prima di sottoporre o meno bambini a ulteriori indagini più o meno invasive. Dopo una prima CF è essenziale fornire adeguate raccomandazioni alla famiglia del bambino al fine di esorcizzare l’esperienza traumatica e migliorare la gestione di eventuali nuovi episodi. In questa ottica, una rivalutazione clinica con le famiglie entro un mese dalla prima CF può aiutare nel raggiungimento di tali obiettivi. 

Gli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interesse.

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