Respirare montagna: dalla medicina alla Pediatria di montagna

Conoscenze e consigli per una frequentazione sicura e utile dell’ambiente montano.

Annalisa Cogo, Ermanno Baldo

Gruppo di Studio, Pediatria di Montagna SIP

cga@unife.it




In altitudine molte caratteristiche fisiche ed ambientali si modificano, rendendo quindi peculiare l’ambiente montano. Le modificazioni sono progressive con il salire dell’altitudine e questo, come vedremo poi, ha portato alla classificazione della quota in media, alta, altissima, estrema. La prima e più importante modificazione è la progressiva riduzione della pressione barometrica e, quindi, della pressione di ossigeno (che, come è ben noto, è sempre il 20,93% di quella barometrica). La principale caratteristica dell’altitudine è dunque una progressiva ipossiemia, cui l’organismo deve adattarsi, e che innesca delle risposte di compenso a carico di tutta la via dell’ossigeno, dall’aria inspirata ai mitocondri.

Altre caratteristiche ambientali, interessanti soprattutto per l’apparato respiratorio sono: la riduzione progressiva della densità, dell’umidità e della temperatura dell’aria, la riduzione della concentrazione di allergeni e dell’inquinamento. Queste caratteristiche differiscono in base alle zone climatiche, alla latitudine e ai cambiamenti climatici. Sostanzialmente, salendo di quota si respira un’aria più “leggera”, più fresca e meno umida.

La progressione dei cambiamenti col progredire dell’altitudine ha portato a suddividere la quota in bassa (fino a 1500 m), moderata (dai 1500 m ai 2500 m), alta (dai 2500 m ai 3500 m), altissima fino ai 5500 m, ed estrema. Le modificazioni e le risposte di adattamento dell’organismo cominciano al di sopra dei 1500-2000 m, quote alle quali si inizia ad avvertire una riduzione della capacità di esercizio.

Sopra i 2500 m comincia invece ad essere necessaria una corretta acclimatazione, soprattutto se si trascorre in quota anche la notte e possono iniziare i sintomi di mal di montagna (AMS). Si parla di AMS quando soggetti abitualmente residenti a livello del mare salgono ≥2500-3000 m e lamentano cefalea, fatica eccessiva, senso di stordimento o di “testa vuota”, inappetenza, nausea, insonnia, vertigini. I sintomi possono regredire spontaneamente oppure possono richiedere un trattamento farmacologico e/o la discesa a una quota inferiore. In alcuni casi, in genere ≥3500 m, l’AMS può aggravarsi con la comparsa di edema polmonare d’alta quota (HAPE) o edema cerebrale d’alta quota (HACE).1

Quando parliamo di Pediatria di montagna, i problemi da affrontare sono molteplici e le evidenze scientifiche ancora poche. Le richieste che più di frequente arrivano dalle famiglie e dal mondo della montagna riguardano prevalentemente l’adattamento all’ipossia, l’AMS, l’acclimatazione, in sostanza, le linee guida per l’avvicinamento all’alta quota. Ma molte altre sono le domande aperte: esposizione al freddo, allenamento, calcolo delle distanze e dei tempi per le escursioni, peso dello zaino, idratazione, alimentazione, presenza di patologie croniche, educazione alla montagna, argomento che non riguarda solo i bambini ma coinvolge anche genitori e accompagnatori.




Risposta all’ipossia.
Alta quota, mal di montagna

Le risposte di compenso all’ipossia, pur iniziando sopra i 1500 metri, diventano evidenti intorno ai 2500-3000 m. Le risposte immediate consistono nell’incremento della ventilazione, dell’attività del sistema cardiovascolare, e degli ormoni dello stress. Contemporaneamente si verifica una vasocostrizione del circolo polmonare con incremento della pressione in arteria polmonare, che è la principale causa dell’edema polmonare d’alta quota. L’esposizione all’ipossia, inoltre, riattiva l’Hypoxia Inducible Factor (HIF), fattore di trascrizione che, tra l’altro, stimola la produzione di eritropoietina che a sua volta induce la produzione di nuovi globuli rossi.1

Per quanto riguarda l’adattamento in età pediatrica, gli studi a disposizione non sono molti e coinvolgono un numero piuttosto ristretto di soggetti. I bambini al di sopra dei sei anni presentano le stesse risposte cardiorespiratorie degli adulti con riduzione della saturazione di ossigeno, incremento della ventilazione e della frequenza cardiaca e, in alcuni casi, una riduzione dei volumi polmonari che negli adulti è interpretata come conseguenza di edema interstiziale. A nostra conoscenza non ci sono studi nei bambini su questo specifico argomento ma solo un’osservazione su un piccolo numero di soggetti. Qualche anno addietro, in occasione di una spedizione scientifica al Monte Everest, sfruttando le stesse infrastrutture e apparecchiature, è stato possibile analizzare la risposta all’alta quota di un gruppo di nove bambini tra i 6 e i 13 anni che avevano programmato con le famiglie un trekking nella stessa zona. In questo piccolo campione di bambini si è notata una tendenza a sottostimare o sovrastimare i sintomi che segnalavano nel questionario di Lake Louise per la valutazione del mal di montagna. I due bambini su nove che hanno avuto una più evidente riduzione dei parametri respiratori hanno anche avuto la maggiore riduzione della saturazione di ossigeno a 3500 m.2

Per quanto riguarda l’AMS, anche per i bambini e i ragazzi, il rischio al di sopra dei 2500 è reale, soprattutto se si trascorre la notte in quota. Il rischio è maggiore se uno o ambedue i genitori sono suscettibili alla patologia. Generalmente i primi sintomi compaiono dopo qualche ora dall’arrivo e sono piuttosto generici: malessere, nausea, cefalea, inappetenza, scarsa voglia di giocare e di muoversi e disturbi del sonno.3

Le regole di acclimatazione sono le stesse così come i farmaci utilizzati per il trattamento, a dosaggi proporzionali al peso corporeo. Per quanto riguarda l’acclimatazione, anche nei bambini si raccomanda una salita lenta con la quota notte che, al di sopra dei 2500 metri non dovrebbe superare i 300-500 metri tra una notte e la successiva.1

Un discorso a parte meritano i bambini più piccoli sia per le caratteristiche anatomiche dell’apparato respiratorio sia per l’incapacità di descrivere eventuali sintomi. A loro va prestata particolare attenzione.

La Commissione medica del Club Alpino Italiano, basandosi sulla letteratura disponibile, ha stilato dei consigli per l’avvicinamento alla quota in età pediatrica.4

L’altitudine fino ai 1500 m è ben tollerata in tutti i bambini, anche i più piccoli sotto i 12 mesi. In questa fascia di età è possibile superare questo limite (mai oltre i 2000 m) purché si salga e si scenda in giornata possibilmente evitando salite rapide con mezzi meccanici. Per quanto riguarda la quota alla quale dormire, per i neonati (primi 30 gg) è sconsigliato dormire oltre i 1500 m. I bambini fino ai 3 anni è bene che non pernottino oltre i 2500 m.

Per gite in giornata si può salire anche più in alto ma bisogna porre attenzione a eventuali sintomi che i piccoli non sono in grado di comunicare.

In presenza di patologie respiratorie acute, anche banali, anemia o cardiopatie, evitare di portare bambini in montagna a quote superiori ai 2000 m.

Altre raccomandazioni riguardano l’esposizione al sole e alle basse temperature. Infatti, i raggi ultravioletti incrementano del 10-12% ogni 1000 metri di altitudine e sono ulteriormente intensificati dal riverbero della neve. Bisogna quindi proteggere bene occhi, testa e cute.

Per quanto riguarda le basse temperature bisogna ricordare che le capacità di difesa termiche dei bambini sono ridotte. Particolare attenzione va rivolta ai bambini molto piccoli che sono trasportati in zaini e/o passeggini.




Montagna come ambiente per l’allenamento
e la riabilitazione

Ad altitudine moderata, la riduzione di ossigeno è ancora contenuta e gli effetti positivi prevalgono su quelli negativi legati all’eccessiva ipossia. L’aria è più fresca, meno umida e meno densa. L’inquinamento è molto ridotto o assente così come è ridotta la presenza di allergeni. Infatti, la stagione dei pollini è più breve e il dermatophagoide fatica a sopravvivere in ambiente a ridotta umidità.5

La media montagna può quindi essere un ottimo ambiente per l’allenamento respiratorio per i bambini e gli adolescenti, età nelle quali il polmone è ancora in fase di crescita. È ben noto, infatti, che un’attività fisica regolare in età pediatrica e adolescenziale è correlata a un migliore sviluppo del polmone e ad una migliore funzionalità respiratoria anche in età adulta. Questo risultato potrebbe essere dovuto all’allenamento dei muscoli respiratori come conseguenza della continua ventilazione di maggiori volumi di aria che si verifica durante esercizio. È stato anche ipotizzato che le ripetute insufflazioni e desufflazioni possano costituire uno stimolo per il rilascio di surfattante e probabilmente per lo sviluppo di nuovi alveoli.6

Dopo qualche settimana di allenamento di endurance (allenamento che richiede la capacità di resistere ad uno sforzo prolungato nel tempo, resistenza alla fatica, più spesso di natura aerobica), i soggetti utilizzano meno litri di ventilazione per lo stesso carico di lavoro e adottano un pattern ventilatorio più efficiente, caratterizzato da respiri più lenti e più profondi.7 In montagna la ventilazione durante esercizio è più stimolata rispetto al livello del mare. Svolgere regolarmente attività fisica in montagna ha effetti migliori sui volumi polmonari da adulti.

Effettivamente, i bambini nati e cresciuti ad alta quota hanno volumi polmonari più ampi rispetto a bambini nati e residenti a livello del mare.8

La montagna può essere anche ambiente riabilitativo e l’effetto positivo sull’asma di un soggiorno di qualche settimana ad altitudine moderata è noto da molti anni. Numerosi studi hanno dimostrato che un soggiorno di ≥2 settimane a quota moderata (1600-2000 m) migliora i parametri clinici e funzionali e riduce la necessità di terapia, soprattutto quella steroidea.5

Quindi la montagna ha delle caratteristiche che la rendono un ambiente molto adatto a programmi di riallenamento aerobico di endurance a intensità progressiva ma di fronte a soggetti con patologie croniche dell’apparato respiratorio bisogna porre molta attenzione al livello di ostruzione bronchiale e alla capacità degli scambi gassosi.

La Pediatria di montagna

Molte delle conoscenze che sono state sviluppate, con gli studi della medicina di montagna sono tappe importanti che hanno permesso di comprendere come l’organismo si adatta all’alta quota ma va anche ricordato che vi sono differenze e conoscenze specifiche da condividere per l’età pediatrica, specialmente se i viaggi e le attività sportive in alta montagna, anche ben oltre i 2000 metri di altezza, possono coinvolgere dei bambini. Dobbiamo quindi ricordare che la montagna per l’età pediatrica, anche se non è solitamente il luogo della sfida con sé stessi e con le asperità della natura e delle montagne, richiede sempre, anche per altitudini attorno o poco superiori ai 2000 m una grande attenzione all’acclimamento e alle risposte adattative fisiologiche, come l’iperventilazione e l’aumento della frequenza cardiaca ma anche ai primi segni/ sintomi dell’AMS e alle buone pratiche di prevenzione. La montagna con le caratteristiche fisiche dell’altitudine moderata può essere però per i bambini anche un ambiente riabilitativo particolarmente importante, dove è possibile studiare la fisiologia e l’andamento della funzionalità respiratoria in altura ed occuparsi delle patologie respiratorie importanti come l’asma, ma anche di allenamento e riallenamento, per sviluppare progetti dedicati alla riabilitazione respiratoria. Nell’età pediatrica vi sono infatti condizioni peculiari, soprattutto legate agli aspetti ed ai tempi della crescita con distinte traiettorie anche dello sviluppo e della funzionalità polmonare dipendenti da condizioni cliniche ed ambientali fin dal primo periodo della vita ma anche dal possibile intervento terapeutico e riabilitativo.9 Recenti lavori sull’asma in età pediatrica confermano infatti un effetto positivo sulla funzionalità polmonare anche per brevi periodi di permanenza in ambiente alpino, attraverso la riduzione ed il controllo dell’infiammazione bronco polmonare, che è certamente un aspetto indispensabile per poter sviluppare programmi di riabilitazione respiratoria, che hanno nell’allenamento all’esercizio fisico e nell’assenza di inquinanti ed allergeni gli aspetti più rilevanti.10,11 La montagna è anche per questo importante per lo studio degli allergeni e delle allergie che stanno cambiando, condizionati anche in alta montagna dal cambiamento climatico. Per quanto riguarda poi l’attività fisica correttamente praticata in montagna si sono sviluppate anche esperienze di collaborazione con i professionisti e con le associazioni che delle attività in montagna si occupano e che hanno promosso e sviluppato iniziative per diffondere la cultura della sicurezza anche per i bambini, ma anche esperienze di integrazione attraverso lo sport e l’attività fisica per bambini affetti da disabilità e patologie croniche. Lo sviluppo di tutti questi aspetti ed esperienze che utilizzano l’ambiente e la montagna permettono non solo di promuovere progetti di studio, ma anche attività e sperimentazioni concrete che sono originate dalle riflessioni e dalle suggestioni che riassumiamo in questo nuovo punto di vista che chiamiamo Pediatria di montagna. .

Gli autori dichiarano di non avere

alcun conflitto di interesse.

Bibliografia

1. Cogo A. Medicina e Salute in Montagna. Milano: Hoepli, 2015.

2. Scrase E, Laverty A, Gavlak JC, et al . The Young Everest Study: effects of hypoxia at high altitude on cardiorespiratory function and general well-being in healthy children. Arch Dis Child 2009; 94: 621-6.

3. Kriemler S, Bürgi F, Wick C, et al. Prevalence of acute mountain sickness at 3500 m within and between families: a prospective cohort study. High Alt Med Biol 2014; 15: 28-38.

4. https://www.cai.it/organo_tecnico/commissione-centrale-medica/bambini-e-montagna

5. Fieten KB, Drijver-Messelink MT, Cogo A, et al. Alpine altitude climate treatment for severe and uncontrolled asthma: An EAACI position paper. Allergy 2022; 77: 1991-2024.

6. Hancox RJ, Rasmussen F. Does physical fitness enhance lung function in children and young adults? Eur Respir J 2018; 51: 1701374.

7. Hallstrand TS , Bates PW, Schoene RB. Aerobic conditioning in mild asthma decreases the hyperpnea of exercise and improves exercise and ventilatory capacity. Chest 2000; 118: 1460-9.

8. Ortiz-Prado E, Encalada S, Mosquera J, et al. A comparative analysis of lung function and spirometry parameters in genotype-controlled natives living at low and high altitude. BMC Pulm Med 2022; 22: 100.

9. Melén E, Guerra S. Recent advances in understanding lung function development. Version 1. F1000Res 2017; 6: 726. Published online 2017 May 19.

10. Bersuch E, Graf F, Renner E,et al. Lung Function improvement and airways inflammation reduction in asthmatic children after a rehabilitation program at moderate altitude. Pediatr Allergy Immunol 2017; 28: 768-75.

11. Cogo A, Piazza M, Costella S, et al. A positive effect of a short period stay in Alpine environment on lung function in asthmatic children. Pediatr Pulmonol 2022; 57: 2116-21.