Un pasto pericoloso

Report con revisione della letteratura di un’infezione da citomegalovirus la cui trasmissione tramite allattamento materno costituisce una via frequente di infezione post-natale.

Nicole Colantoni1, Jacopo Caravetta2, Simonetta Picone2, Francesca Ippolita Calò Carducci3

1 Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Scuola di Pediatria, Roma,

2 UO Neonatologia, TIN e Patologia Neonatale, Policlinico Casilino, Roma

3 UO Malattie Infettive, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCSS, Roma

nicole.colantoni@opbg.net




Il tasso di infezione da citomegalovirus (CMV) acquisita in epoca post-natale è pari all’11% e si stima che la trasmissione avvenga nel 40% dei casi tramite allattamento, con variabilità nei diversi studi dal 5,7 al 60%.1 Il rischio di infezione è maggiore in Paesi ad alta siero-prevalenza di CMV. L’incidenza aumenta nei figli prematuri di madri sieropositive.2 Mentre nella maggior parte dei casi l’infezione decorre in modo asintomatico, i bambini nati di basso peso (<1500 g) e/o al di sotto delle 32 settimane di età gestazionale (EG) hanno un rischio maggiore di sviluppare sintomatologia.3 Fino al 96% di madri sieropositive riattivano il CMV a livello della ghiandola mammaria.4 Anche se la trasmissione di CMV nel latte avviene prevalentemente con modalità cell-free, è possibile rilevare il DNA virale o l’mRNA pp67 all’interno di granulociti e monociti/macrofagi che, essendo le principali popolazioni leucocitarie durante le fasi precoci dell’allattamento (40-50%), costituiscono il maggiore target dell’infezione.5 Si ritiene vi siano altre potenziali cellule target per la replicazione virale (ad esempio le cellule epiteliali), tuttavia i ridotti volumi di latte materno, su cui è stata effettuata la maggior parte degli studi immunologici, ad oggi non hanno permesso una piena caratterizzazione del meccanismo di trasmissione del virus. Il picco della carica virale si raggiunge a circa 4-8 settimane di vita, per poi ridursi nel tempo.4

Gli esiti neonatali a breve e lungo termine di infezione post-natale sono controversi.6 Mentre alcuni studi non descrivono danni maggiori sullo sviluppo neuro-cognitivo e sulla funzione uditiva,3 alcuni autori riportano anomalie del neuro-sviluppo a lungo termine,7,8 in particolare ridotte funzioni cognitive e disturbi del comportamento.

Il latte materno è il nutrimento ideale specialmente nel neonato prematuro,3 ma non è sempre sicuro. Pertanto, nei bambini pretermine e Very Low Birth Weight (VLBW) l’utilizzo di latte materno sottoposto a tecniche di inattivazione dovrebbe essere considerato per ridurre il rischio di trasmissione della infezione. Tuttavia, non esiste ancora un consenso sulla tecnica di scelta e sulla popolazione target a cui destinare tale prevenzione.

REPORT CLINICO. F. è una lattante nata a 27 settimane di EG, da TC urgente eseguito per distacco di placenta. APGAR valutato a 1’ 4, a 5’ 6, a 10’ 8, per cui veniva eseguita intubazione orotracheale e veniva ricoverata in terapia intensiva neonatale con diagnosi di insufficienza respiratoria del neonato pretermine. I parametri auxologici alla nascita mostravano peso di 810 g, lunghezza di 35cm, circonferenza cranica di 23,5 cm (AGA). Per storia di sepsi late-onset esordita a circa due settimane di vita, venivano eseguiti accertamenti laboratoristici e infettivologici, inclusa la ricerca molecolare tramite PCR per CMV su urine, risultata negativa. Lo screening materno per TORCH risultava negativo eccetto che per la presenza di IgG positive per CMV con IgM negative, non eseguito il test di avidità per le IgG. I tamponi vaginali e rettali materni risultavano sconosciuti, le ecografie prenatali portate in visione nei limiti. Veniva avviata l’alimentazione enterale dal quinto giorno di vita con latte materno integrato con latte di donna donato e latte artificiale per prematuri.

A due mesi di età gestazionale corretta, veniva eseguito un prelievo ematico in benessere con riscontro di piastrinopenia e neutropenia (GB 6970/uL, N 870/uL, PLT 54 000/uL), indici di flogosi negativi (PCR e PCT) e restanti esami ematochimici in ordine. Al fine di escludere il sospetto di trombosi vascolare, veniva eseguita un’ecografia cerebrale e addominale che risultavano negative. Nel sospetto di infezione virale veniva eseguita ricerca di CMV tramite PCR su urine e su sangue, che appariva positiva ad alta carica (rispettivamente pari a 9.175.459 UI/ml e 80.562 UI/ml), negativa su liquor. La sierologia risultava positiva con IgG a bassa avidità, quadro compatibile con infezione recente. Al fine di identificare la fonte di infezione, veniva eseguita PCR per CMV su latte materno fresco e congelato, che risultava positiva (rispettivamente con carica virale pari a 4 492 UI/ml e 1 100 UI/ml).

Per escludere un interessamento d’organo dell’infezione, veniva eseguito screening neurologico con evidenza di EEG nella norma, ecografie cerebrali con evidenza di modica iperecogenicità periventricolare bilaterale (quadro compatibile con prematurità severa), potenziali evocati uditivi e visivi ed esame del fondo oculare normali. Agli esami ematici di controllo seriati si osservava una normalizzazione spontanea dell’emocromo e graduale riduzione della carica virale. In considerazione delle buone condizioni generali e dell’età gestazionale a cui era stata effettuata la diagnosi di infezione da CMV, si decideva di non avviare il trattamento antivirale ma veniva proposto inserimento della bambina nel follow-up per infezione congenita da CMV, che la famiglia rifiutava. All’ultimo controllo eseguito a 4 mesi di età corretta, F. si presentava clinicamente stabile, con carica virale su sangue ancora positiva (2 926/ml).

Discussione

L’infezione da CMV acquisita in epoca post-natale può manifestarsi clinicamente con sintomi sepsis-like, distress respiratorio, epatosplenomegalia, e da un punto di vista laboratoristico si può associare a trombocitopenia (piastrine <100 x 109/µL), neutropenia (neutrofili < 0,5/mm3), incremento degli indici di citolisi epatica (AST >150 U/L, ALT >90 U/L, gamma GT >200 U/L) o iperbilirubinemia coniugata. I bambini nati pretermine (<32 settimane di EG), in cui sia stata confermata infezione da CMV associata a severa malattia d’organo (epatite, soppressione midollare prolungata, manifestazioni gastrointestinali severe e sintomi sepsis-like), andrebbero trattati con terapia specifica. Le linee guida raccomandano l’utilizzo di valganciclovir per via orale (16 mg/kg per 2 volte al giorno) nei bambini alimentati per via enterale o ganciclovir per via endovenosa (6 mg/kg per 2 volte al giorno), fino al compimento della 32° settimana di EG corretta o fino al raggiungimento di un peso superiore a 1800 g.9 Durante il trattamento si raccomanda inoltre un monitoraggio laboratoristico stretto di eventuali effetti avversi.

La trasmissione tramite allattamento materno costituisce una via frequente di infezione post-natale da CMV. Tuttavia, in Italia non viene valutata di routine la riattivazione mammaria tramite ricerca del CMV sul latte delle madri sieropositive ed il neonato raramente viene monitorato per il rischio di infezione.

Ad oggi sono disponibili diverse tecniche di inattivazione termica o fisica del virus (pastorizzazione, congelamento, raggi ultravioletti e microonde), ma non esiste un consenso sulla metodica di scelta.10 Le tecniche in grado di inattivare completamente il virus hanno lo svantaggio di alterare la composizione del latte e le sue proprietà antinfiammatorie, antinfettive ed immunomodulanti. La perdita di tali proprietà può avere un impatto sull’immunocompetenza neonatale.




Non esistono ad oggi specifiche raccomandazioni per l’uso di latte materno nei bambini nati pretermine. Tuttavia, in specifiche condizioni i vantaggi andrebbero comparati ai rischi di infezione. Nel 2012 l’American Academy of Paediatrics (AAP) ha dichiarato che il beneficio del latte materno fresco di donne sieropositive supera i rischi legati all’infezione da CMV. In linea con le indicazioni della WHO, ne viene pertanto raccomandato l’utilizzo esclusivo almeno fino al sesto mese di vita. Negli ultimi anni diverse nazioni europee hanno introdotto l’uso di tecniche di inattivazione del latte materno come prevenzione di trasmissione del CMV nelle popolazioni a rischio. La French Neonatal Society consiglia la pastorizzazione del latte di donne sieropositive per bambini nati al di sotto delle 28 settimane di EG o di basso peso (<1 000 g) fino ad un’età corretta di 31+6 settimane. L’Austrian Society of Pediatrics and Adolescent Medicine raccomanda il congelamento-scongelamento del colostro e del latte maturo delle madri sieropositive per tutti i bambini nati al di sotto delle 32 settimane di EG. La National German Breastfeeding Committee per l’allattamento al seno sconsiglia invece la pastorizzazione a causa della scarsità di dati. Tuttavia, un’intervista a madri sieropositive, condotta tramite questionario anonimo in Germania ed Austria, ha evidenziato che circa 1/3 delle Neonatal Intensive Care Units (NICUs) somministra latte pastorizzato ai bambini nati al di sotto delle 32 settimane di EG o di basso peso (<1500 g). In Spagna, viene consigliato di eseguire la pastorizzazione solo sul latte donato nelle banche del latte umano. In Svezia, i neonati con meno di 32 settimane di EG sono inizialmente alimentati con latte fresco e, se dopo i primi giorni di vita la madre risulta sieropositiva per CMV, il latte viene sottoposto a congelamento-scongelamento. In Italia, la decisione nelle NICU si basa su una valutazione caso-specifica da parte del neonatologo, sulla base dei tempi di alimentazione con il latte materno e dello stato clinico del neonato prematuro. In alcuni centri italiani, nei bambini nati al di sotto delle 30 settimane di EG e/o con basso peso alla nascita (<1 000 g), si utilizza la procedura di congelamento-scongelamento indipendentemente dalla madre condizione sierologica della madre, poiché lo screening per CMV non viene offerto di routine alle donne in gravidanza.2

Ad oggi, in considerazione dei dati contrastanti riguardo l’impatto sullo sviluppo neuro-evolutivo dell’infezione post-natale da CMV, non è possibile raccomandare specifiche tecniche di prevenzione,1 ma, anche alla luce delle recenti evidenze di sequele a lungo termine nei bambini nati prematuri e con basso peso, sono necessari nuovi studi prospettici per fornire maggiori evidenze sull’entità del rischio. .

Gli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interesse.

Bibliografia

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8. Brecht KF, Goelz R, Bevot A, et al. Postnatal human cytomegalovirus infection in preterm infants has long-term neuropsychological sequelae. J Pediatr 2015; 166: 834-9.e1.

9. Kadambari S, Whittaker E, Lyall H. Postnatally acquired cytomegalovirus infection in extremely premature infants: how best to manage? Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed 2020; 105: 334-9.

10. Bardanzellu F, Fanos V, Reali A. Human Breast Milk-acquired Cytomegalovirus Infection: Certainties, Doubts and Perspectives. Curr Pediatr Rev 2019; 15: 30-41.