La leishmania in età pediatrica

Da malattia infettiva caratteristica delle aree tropicali a infezione endemica in aree sempre più estese: focali in 98 Paesi dei 5 continenti.

Salvatore Giordano1,

Maria Chiara Vella2

1 UO Malattie Infettive e Tropicali Pediatriche, Ospedale Pediatrico G. Di Cristina, Palermo

2 UO Pediatria, Ospedale San Giacomo d’Altopasso, Licata, Agrigento

Report clinico 1. D. è un bambino di 11 anni che giunge alla nostra osservazione in regime ambulatoriale per la comparsa, da una settimana circa, di una lesione nodulare al volto, in sede malare sinistra, non dolente e non pruriginosa. Non segnalati febbre, né altri disturbi degni di nota.

Anamnesi patologica remota negativa. Alla visita si evidenzia una lesione papulo-nodulare infiltrata, con ulcerazione centrale in fase crostosa, a margini duri ed eritematosi, non dolente (Figura 1). Restante esame obiettivo nella norma, non apprezzabili linfoadenopatie locoregionali.

Nel sospetto di leishmaniosi cutanea viene eseguita indagine molecolare su raschiato cutaneo mediante real-time PCR con esito positivo (480.000 Leish/ml) (Figura 2).

Pertanto ha iniziato terapia locale con infiltrazione di meglumina antimoniato a cadenza settimanale (Figura 3), con progressiva guarigione della lesione dopo cinque settimane. Residua una piccola cicatrice atrofica e depressa.




Report clinico 2. G., bambino di 1 anno, giunge presso il nostro reparto, trasferito da un altro Presidio ospedaliero, per febbre intermittente da 3 settimane, trattata inizialmente con amoxicillina/clavulanato e successivamente con ceftriaxone e claritromicina, senza beneficio. Viene inoltre riscontrata anemia ipocromica microcitica.

Nulla da segnalare in anamnesi familiare e in anamnesi patologica remota.

All’esame obiettivo si presenta con aspetto sofferente e cute pallida. Faringe iperemico con tonsille ipertrofiche e microvescicole ai pilastri anteriori. Microadenia latero-cervicale e inguinale. Addome globoso, trattabile. Fegato palpabile a 3 cm dall’arco costale lungo l’emiclaveare prolungata, milza a 5 cm dall’arco costale lungo l’ascellare anteriore, di consistenza parenchimatosa aumentata. Obiettività cardio-respiratoria regolare.

Agli esami ematochimici riscontro di anemia, piastrinopenia, neutropenia: GB 14.740/uL (N/L 8,7/84,9%), N 1000/uL, Hb 8,1 g/dl, PLT 83.000/uL; aumento degli indici di flogosi: PCR 7,3 mg/dl (vn < 0,5), VES 84, PCT 0,55 ug/L (vn < 0,05). Ipergammaglobulinemia (IgG 1710 mg/dl).

Tra gli esami strumentali ECG, ecocardiogramma ed RX Torace sono risultati nella norma. All’ecografia addome viene confermata l’epatosplenomegalia e la milza viene descritta con ecostruttura sovvertita da diffuse micronodularità ipoecogene.

Vengono avviati esami colturali, emocoltura ed urinocoltura (negative), indagini sierologiche (EBV, CMV, sierodiagnosi di Wrigth, tutte negative, ma il quadro clinico (febbre, pallore ed epatosplenomegalia), epidemiologico (residenza in area endemica) e di laboratorio orientano sin da subito verso il sospetto diagnostico di leishmaniosi viscerale.

La ricerca di anticorpi anti-leishmania risultava positiva (test rapido in immunocromatografia e test in chemiluminescenza) e la diagnosi veniva confermata dalla PCR su sangue periferico (110.000 Leish/ml).

Per escludere patologie onco-ematologiche viene inoltre eseguito aspirato midollare, in cui l’esame microscopico evidenzia numerose leishmanie in sede intra- ed extra-cellulare, così come risulta positiva la PCR su sangue midollare.

Pertanto inizia terapia specifica con amfotericina B liposomiale al dosaggio di 3 mg/kg/die per 5 giorni con sfebbramento in 3° giornata e progressivo miglioramento dei parametri ematologici.

Al 14° e al 21° giorno pratica ulteriori due dosi di amfotericina B liposomiale (3 mg/kg), completando così il dosaggio previsto di 21 mg/kg. Il piccolo si presenta in buone condizioni generali, senza disturbi e con esami ematochimici nella norma.

Le leishmaniosi sono un gruppo eterogeneo di malattie causate da più di 20 specie di un protozoo intracellulare appartenente al genere leishmania, trasmesso all’uomo da insetti vettori del genere phlebotomus (mosche della sabbia o pappataci).1

Lo spettro clinico dell’infezione varia da forme ad esclusiva localizzazione cutanea (LC), caratterizzate da ulcere a evoluzione spesso autolimitante, fino a quadri cutanei diffusi, malattie muco-cutanee (LM) e infezioni disseminate (LV) potenzialmente letali. Il quadro clinico dipende dalla specie di leishmania coinvolta, dalle caratteristiche dell’ospite e, soprattutto, dalla sua risposta immunitaria.

Epidemiologia

Le leishmaniosi sono infezioni tipiche delle aree tropicali ma, a causa dei continui mutamenti climatici e dei fenomeni migratori, l’infezione sta diventando endemica in aree sempre più estese. Secondo i dati della WHO l’infezione da leishmania è endemica in focolai sparsi in più di 98 Paesi nei cinque continenti.1

L’incidenza annuale di LC è stimata tra 0,7 e 1,2 milioni di nuovi casi all’anno. Nel 2015, circa il 70% di LC viene segnalato da sei Paesi: Afghanistan, Algeria, Brasile, Colombia, Pakistan e Repubblica araba siriana.2

Riguardo alla LV quasi 200.000 casi sono stati segnalati alla WHO nel 20153 e la malattia è endemica in più di 60 Paesi (Figura 4).




La LV del Mediterraneo, endemica appunto nei Paesi del Bacino del Mediterraneo, colpisce soprattutto le zone costiere europee (Spagna, Italia, Francia, Grecia), nord-africane (Algeria, Marocco, Tunisia) e medio-orientali (Turchia, Libano, Libia).1

Nel nostro Paese è sempre stata presente nelle zone costiere del Centro-Sud. Da alcuni anni si è osservata una diffusione dell’infezione su tutto il territorio nazionale, anche in aree precedentemente considerate leishmania-free come il Nord Italia.4

Clinica

La LC nel Vecchio Mondo è generalmente causata da L. major, L. tropica, L. aethiopica o L. infantum.

La presentazione clinica più comune è la leishmaniosi cutanea localizzata (LCL).

Interessa classicamente le aree esposte del corpo (volto e arti), dove compare una papula eritematosa nella sede di inoculo, che in genere si allarga lentamente per diventare un nodulo.

Tale lesione tende gradualmente all’ulcerazione centrale con margini duri ed eritematosi non dolenti.

L’ulcera è spesso ricoperta da un’escara ipercheratosica e può essere accompagnata da lesioni satelliti con adenopatia regionale. Le ulcere tendono alla risoluzione spontanea nell’arco di 3-6 mesi, lasciando come reliquato una cicatrice atrofica e depressa.5

La LV è causata principalmente dalle due specie affini L. donovani e L. infantum. Nel Bacino del Mediterraneo la specie responsabile è L. infantum e il cane domestico ne è il principale serbatoio.

I bambini di età <10 anni con un picco sotto i 2 anni, insieme agli adulti immunocompromessi, hanno un rischio maggiore, e la predominanza dei casi pediatrici di L. infantum può essere correlata a diversi fattori tra cui la risposta immunitaria innata immatura, la mancata precedente esposizione e immunità acquisita e tassi più elevati di malnutrizione tra i bambini rispetto agli adulti.

Le manifestazioni cliniche sono la conseguenza della diffusione nei macrofagi di linfonodi, fegato, milza e midollo osseo, con evasione della risposta immunitaria innata e cellulo-mediata.

Molte infezioni decorrono in maniera asintomatica o paucisintomatica, con lievi sintomi costituzionali quali febbricola intermittente, astenia, diarrea e lieve epatomegalia, a risoluzione spontanea nell’arco di qualche settimana.

Può verificarsi la riattivazione dell’infezione viscerale latente in condizioni di immunodepressione, come l’infezione da HIV.

La forma più severa (circa il 25% dei casi), nota come kala-azar, si manifesta dopo un periodo di incubazione variabile di 2-6 mesi. L’esordio clinico è in genere subdolo con malessere generale, iporessia, perdita di peso, e febbre intermittente. Successivamente la febbre si fa più elevata e assume carattere continuo-remittente. Si associano splenomegalia, con o senza epatomegalia, e progressiva pancitopenia (dovuta all’emopoiesi inefficace da infarcimento midollare, al sequestro splenico e alla produzione di citochine infiammatorie da parte dei macrofagi parassitati).5

Caratteristica è la consistenza duro-lignea della milza.

Tra gli esami di laboratorio, oltre che anemia, leucopenia e trombocitopenia, sono caratteristici l’ipoalbuminemia e l’ipergammaglobulinemia.

Se non si interviene con una terapia specifica la malattia è quasi sempre mortale a causa di complicanze emorragiche o sovrainfezioni.5

Inoltre la leishmaniosi può essere complicata, raramente, da una linfoistiocitosi emofagocitica, che a differenza delle altre forme secondarie, tende a risolversi con la terapia antiprotozoaria.6

Il termine kala-azar (febbre nera) si riferisce all’iperpigmentazione cutanea, che caratterizza esclusivamente le forme dell’Asia meridionale. Quindi non dovrebbe essere erroneamente impiegato nei casi di LV contratta nel Bacino del Mediterraneo.

Diagnosi

La diagnosi di LC dovrebbe essere presa in considerazione in pazienti con una o più lesioni cutanee croniche e una storia di esposizione in un’area in cui la leishmaniosi è endemica.

La diagnosi definitiva richiede la dimostrazione del parassita mediante indagini istologiche, colturali o analisi molecolare tramite PCR, in un campione ottenuto da una lesione attiva, dopo rimozione di escara ed essudato.7 I test di amplificazione molecolare sono i più sensibili.




Il sospetto clinico di LV in età pediatrica si pone in presenza della peculiare triade sintomatologica rappresentata da febbre persistente, pallore e splenomegalia, in un paziente proveniente da o in visita in aree endemiche (Italia compresa).

Non esiste un gold standard diagnostico per la leishmaniosi viscerale ed è ragionevole usufruire di più metodologie. Devono essere prelevati campioni di tessuto su cui effettuare esame istologico, colturale e/o molecolare.

L’aspirato midollare, anche se meno sensibile della puntura splenica, è da preferire perché più sicuro e meno rischioso. Altre potenziali fonti includono fegato, linfonodi e sangue periferico.7

Le metodiche di diagnostica molecolare sono le più sensibili8, se possibile effettuate in laboratori di riferimento.

In particolare la PCR su sangue periferico si è dimostrata valida e può sostituire i metodi invasivi (aspirato midollare) nella diagnosi di LV e nel follow-up ai fini di una valutazione della guarigione parassitologica in età pediatrica.9

I test sierologici hanno sensibilità e specificità variabili e nelle aree con accesso a tecniche di laboratorio avanzate, vengono utilizzati principalmente per i pazienti sospetti che hanno risultati negativi o inconcludenti ai test istopatologici, colturali e molecolari.7

Terapia

La decisione di trattare la LC va presa caso per caso e dipende dalla gravità clinica dell’infezione.

In caso di lesioni piccole, senza coinvolgimento della mucosa, tendenti alla guarigione spontanea, in ospiti immunocompetenti e causate da specie di leishmania non associate a forme complicate, si può prendere in considerazione l’osservazione clinica.

Tuttavia è appropriato praticare una terapia locale per le forme non complicate in quanto i benefici del trattamento includono una guarigione accelerata delle lesioni cutanee, una ridotta probabilità di recidiva (specialmente nel contesto di una successiva compromissione immunitaria), una minore gravità delle cicatrici cutanee e relative preoccupazioni emotive, un ridotto rischio di infezione metastatica (specie in caso di compromissione immunitaria e/o di infezione dovuta al sottogenere Viannia).

Le conseguenze di un mancato trattamento o trattamento non ottimale includono cicatrici, sovrainfezioni, persistenza di una ferita cronica e, per alcune specie di leishmania, interessamento della mucosa che può essere distruttiva o deturpante.

Terapia locali includono la crioterapia, il trattamento laser, l’utilizzo di topici, l’iniezione locale di composti antimoniali. Tra questi ultimi l’iniezione intralesionale di stibogluconato di sodio o antimoniato di meglumina è l’approccio preferito per il trattamento nel nostro paese, con somministrazioni ogni 3-7 giorni per 5-8 sessioni o fino a quando non si osserva la guarigione clinica.7

Per i pazienti con LV o LM la terapia sistemica specifica è sempre indicata.

I composti antimoniali pentavalenti hanno rappresentato la terapia di prima linea della LV dagli anni 4010, tuttavia a causa degli effetti tossici e dei fenomeni di resistenza non sono più raccomandati.

Il cardine della terapia della LV è l’amfotericina B liposomiale, che è il farmaco con la più alta efficacia terapeutica e il profilo di sicurezza più favorevole.

Sono stati studiati vari regimi terapeutici, ma quello consigliato dalle linee guida della Società americana di infettivologia prevede il dosaggio di 3 mg/kg/die per 5 giorni consecutivi, seguiti da altre due somministrazioni al giorno 14 e al giorno 21, per un totale di 21 mg/kg. Tale dose cumulativa si è rivelata efficace nella nostra area geografica, raggiungendo circa il 98% di successo terapeutico.7

La risposta al trattamento è generalmente valutata clinicamente, in base alla risoluzione della febbre, che si verifica tipicamente entro una o due settimane, alla diminuzione delle dimensioni della milza entro un mese dall’inizio del trattamento. I pazienti con risposta clinica non devono essere sottoposti a ulteriori test per la conferma parassitologica, ma devono essere seguiti clinicamente per almeno 12 mesi.7

Conclusioni

La LV deve essere sospettata in presenza della triade febbre persistente, anemia o pancitopenia, splenomegalia, in un paziente che proviene da aree endemiche.

La diagnosi differenziale è ampia e si pone con diverse patologie infettive e non: malaria, tubercolosi miliare, febbre tifoide, mononucleosi, brucellosi, infezione da HIV, schistosomiasi, leucemie e linfomi, malattie autoimmuni e reumatologiche, come il LES e la linfoistiocitosi emofagocitica.

Gli esami di laboratorio supportano l’ipotesi diagnostica formulata sulla base dei dati clinici. Gli indici di flogosi sono sempre elevati e tipico è il tracciato elettroforetico delle proteine sieriche che mostra un incremento delle proteine totali con riduzione marcata dell’albumina e un incremento delle gamma-globuline.

La diagnosi precoce è necessaria per iniziare il trattamento specifico, in assenza del quale il tasso di mortalità è >90%, spesso secondario a complicanze emorragiche o infettive.

Riguardo alla LC la diagnosi differenziale non sempre è facile e include infezioni batteriche, pioderma gangrenoso, sarcoidosi, altre punture di insetto, infezioni da micobatteri.

Tuttavia diverse sono le caratteristiche cliniche che possono indirizzarci verso una LC: la cronicità, la lesione in genere è indolente e insorge in un’area esposta, l’indurimento sottocutaneo, le ulcerazioni si presentano con bordi induriti ben definiti, eventuale presenza di papule satelliti infiammatorie.

Il caso da noi descritto presentava una forma semplice, non complicata: lesione singola, senza interessamento delle mucose, in bambino immunocompetente.

Si è deciso di praticare la terapia locale, in accordo con i genitori, per evitare le possibili conseguenze di un mancato trattamento: cicatrici, sovra infezioni, persistenza di una ferita cronica e, per alcune specie di leishmania, interessamento della mucosa che può essere distruttiva o deturpante .

Gli autori dichiarano di non avere

alcun conflitto di interesse.

Bibliografia

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3. Global leishmaniasis update, 2006–2015: a turning point in leishmaniasis surveillance. Wkly Epidemiol Rec 2017; 92: 557.

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6. Daher EF, Lima LL, Vieira AP, et al. Hemophagocytic Syndrome in children with visceral leishmaniasis. Pediatr Infect Dis J 2015; 34: 1311-4.

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10. World Health Organization. Control of the leishmaniases. World Health Organ Tech Rep Ser 2010; xii.